Videogiochi in biblioteca: si o no?

Videogiochi in biblioteca, si o no? La risposta più sincera ed onesta che mi sento di dare è: dipende. Ma procediamo per gradi.
Affronto questo argomento perché mi occupo di cultura e videogame dal 2009, anno in cui ho creato il mio progetto chiamato GameSearch. Negli anni ho avuto modo di relazionarmi con diverse realtà italiane appartenenti alla sfera culturale tra cui musei, accademie, università, scuole e anche biblioteche. Professionalmente parlando, le biblioteche sono state per me dapprima teatro di iniziative (mostre) e di dibattiti, poi negli ultimi anni sono diventate qualcosa di più: mi sono infatti occupato di aiutare alcuni sistemi bibliotecari (tra cui Fondazione Per Leggere, Sistema Bibliotecario Milanese, Csbno e Multiplo Cavriago) ad accogliere i videogiochi in nuovi spazi chiamati Gaming Zone.
Trascorso ormai del tempo da quanto ho iniziato questa specifica avventura (l’ultima inaugurazione è l’area videogame della Biblioteca comunale di Novellara del 2 Dicembre 2017), ne ho quindi tratto delle conclusioni che riassumo in questo articolo.

Inaugurazione della Gaming zone nella Biblioteca di Novellara (Re)

Videogiochi in biblioteca: da un punto di vista culturale

Da appassionato di videogame risponderei ‘Sì’ alla domanda che fa da titolo a questa pagina web. Chi conosce davvero i videogame (e sottolineo ‘chi li conosce’, non chi gioca solo occasionalmente i blockbuster o chi si fa guidare dai pregiudizi) sa che oggi possono intrattenere ed emozionare tanto quanto sanno fare un buon libro, un buon film, un buon fumetto o qualunque altra forma di espressione creativa umana (è sufficiente dare un’occhiata alle recensioni di videogame accolte da Mamamò). Per quanto ne dicano i detrattori, il grande potenziale di questo nuovo mezzo di comunicazione viene studiato in ambito universitario, sia per quanto riguarda gli aspetti matematico/informatici sia per quanto riguarda l’approccio filosofico/letterario. Non vedo quindi perché non possano essere celebrati, preservati, messi a disposizione di tutti in musei, centri culturali o biblioteche.

Videogiochi in biblioteca: da un punto di vista strutturale

Rispondo ‘‘ anche nel caso in cui mi venga domandato se i videogame meritino un posticino in biblioteca. E’ vero che è luogo comune associare la biblioteca ai libri, ma è anche vero che in biblioteca non si trovano solo romanzi o saggi: da diverso tempo vi si trovano anche film, fumetti, talvolta giochi da tavolo e persino l’artoteca (prestito di opere di artisti locali).
Che la biblioteca non debba essere più intesa soltanto come la ‘casa del libro’ lo si evince anche dal Manifesto UNESCO per le Biblioteche Pubbliche (fruibile integralmente a questo link sul sito dell’Associazione Italiana Biblioteche). Qui non è neppure presente il termine ‘libro’ ma, citandone un estratto, si parla della biblioteca pubblica come luogo in cui si offre

libero accesso e senza limitazioni alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all’informazione” e ancora che “le raccolte e i servizi devono comprendere tutti i generi appropriati di mezzi e nuove tecnologie, così come i materiali tradizionali. L’alta qualità e la rispondenza ai bisogni e alle condizioni locali sono fondamentali. I materiali devono riflettere gli orientamenti attuali e l’evoluzione della società, cosi come la memoria dell’immaginazione e degli sforzi dell’uomo.”


Ma ammettiamo il caso in cui le parole scritte qui sopra non valgano, immaginiamo che anche sulla carta la biblioteca sia invece una struttura in cui ci siano solo libri. Ebbene, chi scrive questo articolo è una persona che crede che le cose non debbano per forza durare per sempre: personalmente ritengo che anche le tradizioni millenarie debbano ad un certo punto guardarsi attorno e comprendere il contesto. A volte dovranno entrare in un luogo meraviglioso chiamato ‘storia’, altre volte dovranno evolversi, cambiare per adattarsi al mondo.

Una frase al Centro Culturale Multiplo (Re)

Cambiamento in biblioteca

Cambiamento è decisamente la parola chiave. Quando mi capita di fare conferenze per i bibliotecari cerco sempre di precisare che alla base ci deve essere una nuova visione, altrimenti si può mettere in biblioteca qualunque cosa ma servirà a poco. In questi contesti, al termine di qualche incontro formativo e in un’atmosfera un pochino più intima e lontana da orecchie indiscrete, devo confessare che qualche volta mi è purtroppo capitato di chiacchierare con bibliotecari che hanno ammesso di essere stati ‘invitati’ a trovare un modo per portare utenti alla biblioteca, altrimenti questa sarebbe stata chiusa.
E confesso un’altra cosa: se a qualche lettore è capitato di seguire le mie mostre (GameLand, VideoGame Evolution) sa che la maggior parte di esse si sono svolte, fin dagli esordi, proprio nelle biblioteche, un po’ per mia scelta, un po’ perchè la maggior parte delle piccole/medie realtà comunali ha le ‘salette espositive’ proprio in questi contesti. Quando organizzavo queste mostre itineranti (che duravano anche 3 settimane) negli orari di apertura ero sempre presente per fornire spiegazioni e visite guidate: fatta eccezione per scolaresche o persone che passavano appositamente per l’esposizione, per il resto spesso (e salvo eccezioni) mi sembrava di vedere più bibliotecari che utenti.
Ciò significa qualcosa. La cultura in Italia sta certamente attraversando un periodo non brillante. Bisogna prenderne atto ed affrontare il problema alla radice, evitando di continuare a rimandare e di imputare tutti i problemi alla ‘carenza di fondi’. La mia personalissima esperienza mi ha portato a credere che questa mancanza sia reale, ma che sia soltanto la punta dell’iceberg, una conseguenza di problematiche esterne e anche interne.

Uno scorcio dell’area videogiochi della Biblioteca Valvassori Peroni di Milano

Problematiche esterne

Siamo più o meno tutti consapevoli che viviamo in una contemporaneità dominata dal consumismo, in cui ci viene fatto credere che possedere cose sia più utile che coltivare la propria mente ed il proprio cuore con nuove esperienze. Se una volta almeno la domenica era il giorno del riposo, della spiritualità, delle passeggiate all’aria aperta, delle scampagnate, delle visite ai musei con la famiglia, oggi è diventato un altro giorno in cui andare al centro commerciale non necessariamente per fare la spesa ma per passare il tempo, per essere più vicini agli oggetti del desiderio. La cultura è una delle realtà che sta pagando un conto salato a causa di questi falsi bisogni.
Per quanto riguarda le biblioteche, va anche considerato il fatto che oggi recuperare libri è diventato molto più semplice e veloce rispetto a soli 20 anni fa: una volta o andavi in biblioteca oppure in libreria, in questo ultimo caso sperando che l’opera da te agognata fosse disponibile per l’acquisto (altrimenti era necessario aspettare qualche giorno). Oggi invece c’è internet che ci permette di recuperare tutti i libri che vogliamo spendendo poco e con spedizioni super veloci: escludendo le ultime novità è facile recuperare classici a pochissimi euro sia in formato cartaceo sia digitale. E a mio avviso questo non è per forza un male.

Mediateca/gaming zone della biblioteca di Vernate (Mi)

Problemi interni

Qui arriviamo alle note dolenti. La biblioteca è solo un luogo: se vogliamo che evolva devono prima di tutto evolvere le persone che se ne occupano. Come dicevo poco fa, oggi è facile recuperare ciò che ci serve (videogiochi compresi): quello che ci può spingere a frequentare certi luoghi piuttosto che altri sono le sensazioni, il senso di accoglimento, di ascolto, che questi posti ci offrono. Basta pensare a quando andiamo in un ristorante o in un negozio: spesso torniamo in quei luoghi che ci hanno soddisfatto da un punto di vista empatico e anche estetico.
Quando qualche paragrafo sopra dicevo di essere capitato più volte in biblioteche con pochi utenti, col tempo ho notato che in questi luoghi le persone entravano e volevano prendere subito quello che gli interessava per andarsene il più velocemente possibile, come se non si sentissero a proprio agio. I rapporti umani erano solo dei veloci saluti un po’ anonimi, senza sorrisi.
Laddove ho invece potuto apprezzare una maggiore frequenza ho notato una location accogliente, collocata in una posizione strategica (a nulla serve aprire una biblioteca super-moderna se posta in qualche periferia semi-dimenticata con affianco soltanto capannoni di qualche vecchia azienda), dove da subito si respira un’aria di apertura verso tutto ciò che è cultura. La prima cosa che vedi non sono solo i libri. Entri e non hai la sensazione di dover far attenzione a non far rumore, noti che gli stessi bibliotecari ti sorridono, lavorano e ogni tanto fanno qualche battuta. C’è un’aria meno seria, se parli con qualcuno non ti sembra di far qualcosa di sbagliato. Perchè la vera cultura non è nozionismo ma è curiosità e condivisione… e la condivisione è prima di tutto dialogo.
Questo non significa (come qualcuno teme) che dobbiamo trasformare le biblioteche in centri sociali: ci saranno sempre degli spazi dedicati allo studio e di certo si dovrà mantenere comunque un comportamento decoroso e consono. Ma in queste nuove biblioteche troverò qualcuno che mi accoglie, che mi consiglia, che mi invoglia a soffermarmi e a tornare perché posso trovare qualcuno con cui condividere qualcosa, un’idea, una passione.

Quindi videogiochi in biblioteca: sì o no?

Il succo del discorso è: sì ai videogiochi in biblioteca se si è disposti ad accettare questa visione e ad impegnarsi per portarla avanti.  A mio modesto avviso questo è il tassello fondamentale senza il quale a nulla serve impegnarsi. Problemi come la catalogazione, la gestione dello spazio e via discorrendo sono tutte questioni importanti ma che vengono dopo.
Mi è capitato di inaugurare gaming zone con una console e 4 videogiochi in biblioteche dove però gli addetti ai lavori non condividevano questi pensieri e non è stato piacevolissimo tornare, dopo un paio di anni, in quella stessa struttura e vedere ancora la stessa console e gli stessi 4 videogame (senza nulla di nuovo). In queste circostanze domande come ‘perché la cosa non ha funzionato?’ mi sembra non abbiano bisogno di una risposta.
Aprirsi alla tecnologia non è la soluzione alla scarsa frequenza delle biblioteche o allo scarso interesse generale che c’è nei confronti della cultura. E’ una cosa da prendere in considerazione se prima si è deciso di porsi dei nuovi obiettivi, di dare una nuova immagine. Per chi ha a cuore l’argomento e volesse vedere con i propri occhi il potenziale che può offrire la biblioteca 2.0 (chiamiamola così) consiglio di farsi un giretto al Centro Culturale Multiplo di Cavriago vicino a Reggio Emilia: probabilmente anche lì non sarà tutto rose e fiori ma le parole scritte sopra cominceranno a vibrare diversamente.
Ultima postilla finale: tra i diversi addetti ai lavori con cui ho avuto occasione di parlare, qualcuno ha aggiunto che bisognerà attendere soltanto il ricambio generazionale. Al di là del fatto che ci si sta muovendo comunque con troppa lentezza, non credo sia l’età di una persona a fare la differenza: mi è capitato di incontrare bibliotecari giovani che però vedono ancora la biblioteca come un luogo in cui rifugiarsi da tutto ciò che è all’esterno (tecnologia compresa). Se si vuol cambiare non è questo l’atteggiamento da premiare.