La magia dei videogiochi al museo. Intervista a Fabio Viola, di TuoMuseo
E’ da anni che si parla delle opportunità che i videogiochi, con le loro meccaniche di immersività, potrebbero aprire in campo educativo. In anni recenti i più propensi a sperimentare in questa direzione si sono dimostrati soprattutto i musei e le istituzioni che preservano e promuovono i beni culturali.
Gli esempi virtuosi non mancano (ne abbiamo parlato anche nell’articolo Come usare il digitale per avvicinare i bambini ai musei, riportando esempi italiani ed europei) e indubbiamente si tratta di prodotti interattivi e multimediali di qualità che riescono ad agevolare un’incontro tra patrimonio storico-artistico e i giovani, che forse altrimenti non avverrebbe.
Seguendo questo filone, nel nostro Paese si sta distinguendo la realtà di TuoMuseo, associazione il cui scopo è quello di raccontare la cultura, l’arte e il passato ricorrendo a supporti e formati insoliti, quelli digitali utilizzati in chiave videoludica. Abbiamo quindi incontrato il founder Fabio Viola, che ci ha illustrato non solo i progetti che stanno proponendo a pubblico e istituzioni, ma anche le potenzialità che questo canale sta aprendo alla divulgazione culturale.
E’ di certo un controsenso che in un paese come l’Italia siate in pochissimi a farlo, ma come è nata l’idea di coniugare patrimonio culturale e videogiochi?
Fondai TuoMuseo tre anni fa proprio con l’obiettivo di connettere i punti della mia vita, consapevole che contaminare mondi, apparentemente lontani, avrebbe potuto essere un’opportunità per entrambi i comparti. Da piccino le mie due più grandi passioni erano la storia (sono cresciuto con i documenti di Piero Angela ed i romanzi storici di Cristian Jacq) e i videogiochi, conosciuti a sette anni con un Commodore 64 ricevuto in regalo. Dopo aver frequentato il liceo classico e la facoltà di archeologia, a 22 anni fondai la mia prima start up attiva nel settore gaming. Dopo quasi un quindicennio di militanza nella game industry decisi di partecipare al bando I:C di Fondazione Cariplo e il resto è storia dei nostri giorni, condivisa con un collettivo internazionale straordinario che con me ha sposato questa causa.
Le istituzioni preposte alla conservazione nonché promozione del nostro patrimonio culturale sono pronte a questo passo? E dall’altro lato, il mondo del videoludico è pronto a esperienze che nascono dalla contaminazione con ambiti come quello storico, culturale e artistico?
Le istituzioni culturali si sono dimostrate estremamente ricettive nel cogliere i vantaggi della gamification e del gaming all’interno della propria missione, mentre persistono resistenze dell’industria dalla quale provengo verso ogni tentativo di contaminazione con gli ambiti della vita quotidiana. Dopo le prime fughe in avanti di alcune istituzioni, ora l’obiettivo dovrebbe essere quello di rendere sistemica la convergenza e, soprattutto, sviluppare a livello centrale e periferico delle competenze sui temi ampi della digital transformation e audience engagement, così da non demandare completamente a noi esterni le politiche di convergenza.
Quali sono secondo te le esperienze più interessanti e promettenti, quelle a cui in qualche modo vi siete ispirati?
Ho dedicato molto tempo, soprattutto in fase di start up di TuoMuseo, nel ricercare un confronto con chi prima di noi avesse utilizzato pienamente un approccio gaming in ambito culturale. Fino al 2017 i videogiochi erano considerati dai dirigenti culturali, pochissimi nel mondo, come un tool complementare alle attività didattiche o una tecnologia utile per ricostruzioni ambientali. Pochissimi erano andati oltre, verso un utilizzo consapevole di questo medium, e non posso non segnalare gli spagnoli di Gammera Nest con il videogioco mobile/PS4 Nubla o l’antesignano Race Against Time del Tate, entrambi con fondamentali influssi sulla nostra opera prima, Father and Son che, ad oggi, conta oltre 4 milioni di download.
Non temete che fruire anche i contenuti culturali attraverso i tool digitali porti ad accentuare il fenomeno di progressiva perdita di attenzione a cui tutti siamo soggetti oggi, dopo l’avvento dei new media?
TuoMuseo nasce proprio per rivendicare il medium videoludico come espressione artistica della contemporaneità e quindi le nostre stesse creazioni rappresentano un contenuto culturale che, è vero, viene realizzato su una tela non più fisica ma digitale. Le storie che creiamo hanno tutte un inizio ed una fine, sono una narrativa interattiva che sostiene la curva. In generale è innegabile che esperienze digitali possano ingenerare problematicità, ma facendo una analisi “costi/benefici” credo rappresentino un formidabile apripista verso i nuovi pubblici, specie quando poi combinati con esperienze fisiche.
Ci può essere un rientro dell’attenzione sui temi culturali in particolare nei più giovani attraverso i videogiochi educativi?
Esperienze come quelle da noi proposte riescono a creare alti tassi di coinvolgimento nei pubblici e questa, come ho sottolineato nel mio ultimo libro “L’Arte del Coinvolgimento” (Hoepli, 2017), è condizione prodromica al trasferimento di contenuti anche culturali. Una persona altamente coinvolta riesce a memorizzare più informazioni e per un più lungo periodo temporale. Provate a chiedere a distanza di 10 anni a uno studente di una lezione frontale cosa si ricorda del rinascimento italiano e provato a rifarlo con un giocatore di Assassin’s Creed ed i risultati vi stupiranno; il videogioco infatti, stimolando il processo di learning by doing, ha semplicemente reso quella nozione molto più assimilabile, non più interessante.
Nei videogiochi che avere realizzato date molto spazio alla componente illustrativa e musicale… quanto contano per catturare il videogiocatore?
Per noi i videogiochi sono un linguaggio per raccontare delle storie e cerchiamo di utilizzare al meglio tutte le componenti di questo meta-linguaggio, narrativa/musica/pittura/architettura, per far scattare quella che definisco la magia del videogiochi, ovvero il passaggio dalla terza alla prima persona. I giocatori parlano in prima persona: “io ho compiuto questa scelta o “io ho salvato la principessa”, contrariamente a quanto accade durante la lettura di un libro o la visione di un film, dove si continua a parlare impersonalmente. Quando questo accade significa che il giocatore è stato coinvolto e l’obiettivo di trasferimento culturale è avvenuto.
Past for Future e A Life in Music sono avventure grafiche per iOs e Android, pensi che in futuro vi avventurerete in altri generi videoludici e su altri supporti (per esempio la realtà virtuale, che inizia ad entrare nei musei)?
E’ vero, Father and Son, Past for Future e A Life in Music sono tecnicamente delle avventure grafiche 2D perché lo abbiamo ritenuto il genere più vicino alla nostra idea di racconto di una storia, anche se nell’ultimo titolo per il Teatro Regio di Parma abbiamo aggiunto una dimensione di “rhythm’n’game” non presente nei precedenti.
Oltre a continuare questo filone con due nuove produzioni previste per il 2019, stiamo investendo in ricerca e sviluppo per realizzare installazioni culturali fisico/digitali con un focus iniziale proprio sui ragazzi in età scolare. Contiamo di annunciare il progetto nel corso dell’anno, sperando di segnare un nuovo spartiacque nei modelli di fruizione culturale. Vogliamo dare vita a esperienze che nascono nei luoghi culturali per poi poter continuare a vivere anche al di fuori degli spazi fisici!