È vero che i social media disincentivano la partecipazione attiva dei ragazzi?

Basta un like per attivare la partecipazione politica e sociale dei nostri ragazzi? Basta un click per rendere effettivo il gesto altruistico anche offline? I social network fanno discutere. Sempre più spesso vengono accusati di disincentivare la partecipazione attiva delle nuove generazioni.

La Generazione Z, o iGen, come la definisce la psicologa statunitense Jean Twenge, è la nuova generazione di adolescenti tra i 13 e i 19 anni. Secondo l’esperta i giovani sarebbero disposti a partecipare online, ma meno propensi all’azione vera e propria. L’atteggiamento prosociale online è ritenuto importante dalla maggior parte dei ragazzi, ma la difficoltà risiede nell’attivazione di effettivi gesti partecipativi. Ma è solo una questione generazionale oppure media e digital literacy a qualunque età possono promuovere atteggiamenti in controtendenza?

Slacktivismo e prosocialità online

In una recente ricerca (a cura di Shelley Boulianne e Yannis Theocharis) basata su un centinaio di studi sulla relazione tra giovani, media digitali e impegno politico, il risultato pare incoraggiante. Le stime sugli impatti positivi di tale rapporto si aggirano intorno all’80% dei casi raccolti (fonte Department of Media and Communications-LSE). Questi dati arginano il famoso fenomeno dell’attivismo da poltrona (slacktivism). Tale definizione descrive il sostegno a cause sociali o politiche con il minimo sforzo. Un esempio è la sottoscrizione di appelli e petizioni online senza alcuna attivazione e presa di posizione successiva. Il tutto comodamente sulla poltrona di casa.

Aspetti positivi dell’attivismo online e forme di partecipazione

In epoche precedenti, le organizzazioni di eventi e solidarietà si servivano dei mezzi di comunicazione di massa quali la televisione, la radio o i volantini promozionali. Oggi la rete offre immediatezza e dilatazione spaziale con conseguente ampliamento dell’audience. Il fatto che si possa raggiungere un pubblico così ampio, riducendo costi e tempi, è centrale nel cambiamento della mobilitazione di gruppo. La stessa dilatazione dell’audience tanto terrificante per il cyberbullismo, può diventare un grande vantaggio nei casi di solidarietà  e attivismo online. La rete gioca un ruolo importante nell’attivazione giovanile, aprendosi ad aree importanti:  volontariato, raccolta fondi attraverso il fundrising o crowdfunding e gruppi di sostegno tra pari nelle pratiche di peer&media education.

I social network permettono quindi di diffondere i messaggi molto rapidamente e di raggiungere aree geografiche anche molto lontane. Pur essendo un fenomeno esistente, lo slacktivism non può e non deve essere motivo di demonizzazione dei nuovi media. Può però porre degli interrogativi sulle modalità di prevenzione attuabili da scuola, famiglia e territorio.

media literacy

Media literacy per una partecipazione consapevole

La preoccupazione più comune che i genitori rivolgono ad esperti ed educatori riguarda il tempo che i propri figli dedicano ai media digitali. La domanda più corretta potrebbe però essere un’altra. Come utilizzano questo tempo? Come utilizziamo noi stessi questi momenti? Il rapporto tra genitori e figli e tra scuola e ragazzi deve essere co-partecipato.

L’alfabetizzazione mediale e digitale non riguarda solo l’attenzione al linguaggio e allo strumento. Bisogna rendere primario il valore della relazione e del senso civico di ogni futuro adulto.  L’obiettivo è quello di sviluppare una comprensione critica dei media digitali, ma anche la produzione di contenuti e la promozione di una migliore qualità dei media. Una modalità dinamica e dialogica in grado di convivere con le esperienze dei più giovani.

Una Media Education che comincia tra le mura domestiche e continua in ogni ambiente dell’onlife, come la definisce Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford. Le nostre vite si costruiscono ed evolvono ormai in un ambiente misto. Separare reale e virtuale sarebbe un modo deresponsabile di divulgare un pensiero distorto e negativo.

Il confronto e l’accompagnamento dei più giovani si traducono dunque in un potenziamento dell’attivazione partecipativa. Tocca a noi adulti porre attenzione e rendere le nuove generazioni consapevoli che un mondo intuitivo non sia al 100% un mondo privo di difficoltà, ma il protezionismo non è la soluzione. Aprirsi all’innovazione significa anche espandere l’attività di partecipazione e rafforzare l’incontro tra generazioni.