Rapporto Censis sul consumo dei media: foto di giovani adulti
È in atto una “giovanilizzazione” degli adulti. Un processo che molti hanno notato come macro fenomeno sociale, ma che ora viene confermato anche dai dati del 14° rapporto Censis resi noti oggi, che fotografano il consumo dei media da parte degli italiani.
L’omogeneizzazione dei comportamenti di giovani e adulti
Nel resoconto “I Media e il nuovo immaginario collettivo” si registra una omogeneizzazione dei comportamenti mediatici dei giovani e degli adulti.
Nel 2017 non solo viene praticamente colmato il gap nell’accesso a internet (una utenza dell’87,8% tra i 30 e i 44 anni contro il 90,5% tra i 14 e i 29 anni), ma lo stesso avviene anche per i social network (rispettivamente, l’80,4% e l’86,9% di utenza), gli smartphone (l’84,7% e l’89,3%), la tv via internet (il 39,5% e il 40,9%) e gli e-book (il 15,4% e il 15,2%). C’è una distanza leggermente maggiore nell’uso della mobile tv: il 30,8% per i primi, quindi meno del 40,3% dei secondi, ma comunque sempre superiore al 22,1% della popolazione totale.
Significativo, inoltre, tra i media tradizionali, è anche l’allontanamento degli adulti dai quotidiani a stampa, letti nel 2017 dal 27,5% rispetto al 46,6% che si registrava nel 2012. Anche in questo caso, dunque, gli adulti si avvicinano ai giovani, tra i quali nel 2017 i lettori di quotidiani a stampa scendono al 23,6% rispetto al 33,6% registrato nel 2012.
Non si tratta di un avvicinamento casuale. Sono i modelli della comunicazione digitale che si estendono sempre di più, coinvolgendo pienamente anche le fasce adulte della popolazione. Valori come la rapidità d’accesso, la connessione alle reti globali, la flessibilità nell’impiego dei mezzi, la disintermediazione digitale, la personalizzazione dei palinsesti, la facile disponibilità dei media, l’abbattimento delle barriere di spazio e tempo, non sono avvertiti come essenziali solo dagli adolescenti: sono entrati nelle abitudini della vita quotidiana della maggior parte della popolazione italiana.
Il divario crescente tra giovani e anziani
Continuano invece ad essere rilevantissime le distanze tra i consumi mediatici dei giovani e quelli degli anziani: i primi (14-29 anni) sono orientati verso i new media e distaccano i secondi, in termini di quote di utenza, di decine di punti percentuali.
Tra i giovani la quota di utenti della rete arriva al 90,5%, mentre è ferma al 38,3% tra gli anziani; l’89,3% dei primi usa telefoni smartphone, ma lo fa solo il 27,6% dei secondi; il 79,9% degli under 30 è iscritto a Facebook, contro appena il 19,2% degli over 65; il 75,9% dei giovani usa YouTube, come fa solo il 16,5% degli ultrasessantacinquenni; quasi la metà dei giovani (il 47,7%) consulta i siti web di informazione, contro appena il 17,6% degli anziani; il 40,9% dei primi guarda la web tv, contro appena il 7,4% dei secondi; il 39,9% dei giovani ascolta la radio attraverso lo smartphone, mentre lo fa solo il 3,5% dei longevi; su Twitter c’è più di un quarto dei giovani (il 26,5%) e un marginale 3,2% degli over 65. Si nota qui anche il caso opposto, quello dei quotidiani, per i quali l’utenza giovanile (il 23,6%) è ampiamente inferiore a quella degli ultrasessantacinquenni (il 50,8%).
L’accesso ai social media
Gli utenti di WhatsApp (il 65,7% degli italiani – l’85,8% dei giovani tra i 14 e i 29 anni) coincidono praticamente con le persone che usano lo smartphone, mentre circa la metà degli italiani usa i due social network più popolari: Facebook (56,2% della popolazione – 79,9% dei giovani) e YouTube (49,6% degli italiani – 75,9% di giovani).
Importante è il passo in avanti compiuto da Instagram, che in due anni ha raddoppiato la sua utenza (nel 2015 era al 9,8% e oggi è al 21% che sale al 48,6% per la fascia di utenti giovani), mentre Twitter resta attestato al 13,6%. Il dato più rilevante è il divario nei consumi dei social media tra i giovani e il totale della popolazione.
Informazione e fake news
I telegiornali sono abitualmente usati per informarsi dal 60,6% della popolazione, ma solo dal 53,9% dei giovani, che attribuiscono un’importanza quasi equivalente a Facebook (48,8%) e una non indifferente ai motori di ricerca su internet come Google (25,7%) e a YouTube (20,7%).
I quotidiani vengono al sesto posto nella classifica generale: li usa regolarmente per informarsi il 14,2% della popolazione, il 15,1% dei più istruiti, ma solo il 5,6% dei giovani.
A più della metà degli utenti di internet è capitato di dare credito a notizie false circolate in rete (“spesso” al 7,4%, “qualche volta” al 45,3%, per un totale pari al 52,7%). La percentuale scende di poco, rimanendo comunque al di sopra della metà, per le persone più istruite (51,9%), ma sale fino al 58,8% tra i più giovani, che dichiarano di averci creduto “spesso” nel 12,3% dei casi. I giovani nella fascia d’età tra i 14 e i 29 anni ritengono nel 44,6% dei casi che l’allarme sulle fake news sia sollevato dalle vecchie élite, come i giornalisti, che a causa del web hanno perso il loro potere. Ecco perché le smentite degli organi di stampa spesso non riescono a mettere in crisi le false notizie che circolano in rete: specie tra i giovani, cresciuti con il mito di internet inteso come regno della libertà
Come si forma l’immaginario collettivo
Il sistema dei new media digitali non ha solo ridefinito i nostri orizzonti spaziali e temporali, le nostre attese e priorità, ma ha anche contribuito a ricodificare di fatto il nostro rapporto con la realtà, influenzando la formazione dell’immaginario collettivo, mutando percezioni e narrazioni dominanti: i valori di riferimento, i simboli, le icone, i miti della contemporaneità, insomma lo spirito del tempo.
Al primo posto tra i fattori ritenuti più centrali nell’immaginario collettivo dei giovani tra i 14 e i 29 anni si collocano i social network (32,7%), superando il posto fisso (29,9%), seguito dallo smartphone (26,9%), dalla cura del corpo (23,1%) e dai selfie (21,6%). Solo il 17,9% (ampiamente al di sotto della media) indica la centralità della casa di proprietà, il 14,9% l’obiettivo di conseguire un buon titolo di studio come garanzia di riuscita sociale, il 7,4% l’acquisto dell’automobile nuova.
Se questa è la fotografia dell’immaginario collettivo dei nostri giorni, la domanda cruciale riguarda, a questo punto, le fonti a cui i giovani attingono per formare queste loro opinioni. Internet e i social network si attestano insieme al 56% e nella fascia d’età immediatamente superiore addirittura al 66,6%, con la tv relegata al 16,3%. Con l’avanzare dell’età cresce l’influenza esercitata dai media più tradizionali, con la tv al 48,9% nella fascia tra i 65 e gli 80 anni
I media sono io
Grazie alla diffusione delle tecnologie digitali, nel giro di un decennio la grande trasformazione dei media ha determinato una rivoluzione copernicana, che ha posto l’io-utente al centro del sistema attraverso alcuni processi fondamentali. Si è così inaugurata una fase nuova all’insegna della primazia dello sharing sul diritto alla privacy: l’io è il contenuto e il disvelamento del sé digitale è diventata la prassi comune.
“Broadcast yourself!”, recita il pay-off di YouTube. L’individuo si specchia nei media (ne è il contenuto) creati dall’individuo stesso (ne è anche il produttore): i media sono io. Non è polvere di immaginario, non sono simboli ridotti a coriandoli, ma il segno di una transizione epocale rimasta ancora incompiuta.
Il rapporto completo può essere scaricato registrandosi sul sito del Censis.