Punti di vista: la biblioteca del futuro
Per comprendere cosa sta succedendo nell’universo delle biblioteche per ragazzi con l’arrivo del digitale, abbiamo fatto qualche domanda a Caterina Ramonda, che si occupa di promozione della lettura ed è responsabile delle attività delle biblioteche dell’Unione del Fossanese (Cuneo). Scrive su Andersen e Biblioteche Oggi, per cui cura la rubrica “La biblioteca per ragazzi”. È anche tra gli autori del blog “Le letture di Biblioragazzi“. Ecco che cosa ci ha raccontato.
Mamamò: In rete, ma anche sui media tradizionali, è abbastanza vivace il dibattito sull’opportunità dell’utilizzo di pc, smartphone e tablet da parte dei bambini. Che cosa pensi dell’appello che ha lanciato di recente su “La Repubblica” un insegnante affinché i bambini al di sotto dei 10 anni non vengano esposti “agli schermi”?
Caterina Ramonda: Capisco le preoccupazioni e le implicazioni di un simile appello, ma non lo condivido. Sappiamo tutti che al di sotto di una certa età sono dannosi il wi-fi quanto lo stare con gli occhi incollati ad uno schermo per parecchie ore di fila, quindi non è di questo, non è dei piccolissimi, che stiamo a discutere.
Non capisco però come si possa pensare che dei ragazzini che nascono in una società tecnologica, fatta di schermi, ne possano essere tenuti lontani, tanto più se si considerano le possibilità che le tecnologie forniscono (soprattutto in casi di disabilità; penso ad esempio alla comunicazione con simboli PCS, alle facilitazioni per i dislessici, ecc.). Credo che ancora una volta, come per tutto, sia una questione di modo e quindi di educazione. All’uso, alle informazioni che possono trovare, alle attività che possono svolgere, ai pro e i contro, all’utilizzo accompagnato e mediato. Gli schermi fanno parte delle nostra vita quotidiana. Come i libri, la scuola, le chiacchiere, lo sport, le case sugli alberi, il tempo per non fare niente. Non vanno né esaltati né demonizzati, ma neppure negati: li abbiamo ovunque, attorno (e del resto anche un buon film visto al cinema è su uno schermo 😉 ). Credo in un giusto dosaggio, in una giusta misura, nel “un tempo per ogni cosa”.
M: Ti occupi da anni di libri e di biblioteche per ragazzi. Qual è la situazione del sistema delle biblioteche per ragazzi in Italia rispetto alle dotazioni tecnologiche e alle collezioni digitali?
CR: Decisamente scarna, e non solo e tanto perché le risorse a disposizione di molte biblioteche scarseggiano, quanto piuttosto perché la situazione italiana dal punto di vista della tecnologia è ancora in fieri, per non dire in fase di studio. Anche le piattaforme che permettono il prestito multimediale scarseggiano di offerte per bambini e ragazzi proprio perché mancano i prodotti in lingua italiana: ci sono parecchi audiolibri, ma se parliamo di e-book o app il mercato è davvero povero. Alcuni editori fanno sperimentazioni, altri stanno a guardare come si muove il mercato.
Certamente è un modo di progettare, ideare, realizzare totalmente differente; un e-book non è un pdf dell’edizione cartacea che trovo in libreria; un app non è un albo con alcune animazioni: è un prodotto nuovo e diverso che va realizzato in modo differente. Richiede quindi attenzioni particolari (penso alla grafica in un e-book, ad esempio). Ma è comunque una strada che va intrapresa. Ovviamente l’introduzione di nuovi prodotti cambierà anche il modo di fare promozione delle biblioteche, le loro dotazioni, ma senza contenuti è difficile costruire il “contorno”.
M: Quale è e quale sarà in futuro secondo te il rapporto tra libri tradizionali e libri digitali?
CR: Staranno vicini, insieme nelle collezioni. Saranno diverse possibilità di scelta dell’utente e di prestito da parte della biblioteca. I ragazzi continueranno a leggere libri di carta e i bibliotecari a proporli; intanto anche nel nostro Paese si creerà una cultura del digitale, un’abitudine a forme di lettura differenti e arriveremo ad avere diverse possibilità di scelta: alcuni testi saranno disponibili in una versione, altri in entrambe. Alcuni lettori trarranno vantaggio dal digitale (e qui torniamo al discorso delle diversabilità di lettura); ognuno avrà le sue preferenze; probabilmente il materiale divulgativo avrà molto più appeal in formato digitale che non la narrativa; certamente i ragazzi degli anni futuri faranno meno attenzione al supporto e ci ricorderanno quindi quello che è importante davvero: il contenuto.
M: Come cambia (se cambia) il ruolo di mediazione giocato dagli adulti rispetto ai contenuti digitali?
CR: I bibliotecari hanno sempre svolto un ruolo di mediazione, di scelta, di accompagnamento alla scoperta, di affiancamento nella ricerca, nell’utilizzo delle fonti, nella conoscenza del patrimonio a disposizione. Continueranno a farlo col digitale, mantenendo il loro ruolo. Come dicevo prima, l’importante è il contenuto: quindi io bibliotecario devo guidare te ragazzo nella scelta giusta che soddisfa la tua domanda, le tue necessità. Sia che tu mi abbia chiesto informazioni su cosa mangia il pesce palla che ti ha regalato il nonno oppure un racconto giallo o ancora come costruire l’albero genealogico della tua famiglia visto che è il compito che l’insegnante ti ha dato per martedì prossimo, ecco io devo offrirti la possibilità di scegliere e di avere una risposta. Consulterai un sito on line, sfoglierai un libro, ti scaricherai un e-book sul tablet, guarderai un documentario: l’essenziale è arrivare a una risposta che ti soddisfi.
Quello che cambia non è il fine della mediazione quanto piuttosto la figura stessa del bibliotecario: servono nuove competenze, serve un lavoro coordinato con figure diverse che lavorino insieme per offrire a bambini e ragazzi il servizio migliore.
M: Nel libro che hai pubblicato nel 2011 “La biblioteca per ragazzi raccontata agli adulti” descrivi le biblioteche come palestre dove un bambino impara a scegliere. In quest’ottica, che cosa comporterà secondo te l’arrivo del digitale in biblioteca?
CR: Semplicemente una possibilità in più. La definizione che hai citato nasce dall’osservare, spesso con divertita tenerezza, i metodi che i bambini (ma anche i ragazzini, a dire il vero) adottano quando si tratta di scegliere quell’esatto numero di “pezzi” da portare a casa in prestito: questa è la forma base della scelta, così come in biblioteca impari anche che ci sono fonti differenti, modalità di ricerca varie e che quindi bisogna fare una selezione. In piccolo, in miniatura quello che poi accade nella vita. Così come le nuove tecnologie danno a noi bibliotecari canali nuovi e ulteriori per comunicare e fare promozione (social network, podcasting, booktrailer), il digitale offre una nuova possibilità di avere informazione e storie a disposizione. Buona informazione e buone storie.
M: Come immagini la biblioteca ideale del 2050?
CR: Affollata, piena di luce, aperta per gran parte del giorno e della notte. Capace di raggiungere i propri utenti on line così come di farli sentire a casa tra le proprie mura. Capace di custodire manoscritti e di offrire chissà quale tecnologia sarà all’avanguardia nel 2050. Magari mescolata ad altri servizi, ibrida. Ma sempre con le persone al centro. Ecco, diciamo che se me la devo immaginare la prima cosa a cui penso non è tanto che cosa conterrà, ma come si rapporterà con la gente, quanto sarà accogliente, quanto saprà seguire le loro necessità e anticipare i loro bisogni. Me la immagino come un luogo che ti offre mille servizi on line e on demand, ma in cui – comunque – hai voglia di andare fisicamente: per incontrare qualcuno, per seguire un evento, per scoprire per caso una buona storia che ti faccia compagnia, per passare del buon tempo.