Paolo Paglianti: Da esperto vi dico, (video)giocate con i vostri figli!

Paolo Paglianti è caporedattore della rivista digitale YouTech e da sempre scrive ed è coinvolto nel mondo del digitale e dei videogiochi. La sua esperienza e conoscenza del settore è notevole e dal momento che è anche genitore di due bambine, a lui ci siamo rivolte per una chiacchierata su quello che è l’offerta videoludica di oggi per il pubblico under 14.
Dalle console (portatili e non) alle molte opportunità che il touchscreen apre ai giocatori, dai parametri di scelta dei titoli in base alla sensibilità di genitori e figli senza dimenticare di considerare il PEGI, ecco le sue linee guida quando si parla di bambini e videogiochi.

D: Mamamò è un portale di recensioni di contenuti digitali che non si rivolge agli utilizzatori delle app, videogiochi e ebook che recensisce, ma ai loro genitori. Partendo dalla consapevolezza che la dimestichezza col digitale di questi ultimi è spesso bassa e che in tema di videogiochi lo è ancora di più, l’intento è di segnalare titoli in linea con l’età, ma anche con finalità educative e di intrattenimento intelligente. L’impressione che abbiamo, infatti, è che il mondo delle riviste e dei siti che si occupa di videogiochi parli soprattutto ai giovani o agli adulti esperti, restando distaccato dal mondo dei genitori, spesso in cerca di informazioni e rassicurazioni… hai anche tu questa impressione?

R: Sono stato il caporedattore di Giochi per il Mio Computer e altre riviste di videogame fino al 2011 e ora mi occupo di una sito di tecnologia in cui parliamo anche di videogiochi; confermo che siti e riviste specializzati di videogame parlano direttamente al loro pubblico di riferimento, che sono i videogiocatori di qualsiasi età. Non credo però che i genitori di cui parli andrebbero a comprare una rivista specializzata in edicola o a visitare un sito perché vedono il figlio videogiocare: è un passo difficile, conosco diversi genitori con figli che giocano, e spesso sono davvero lontani dal contesto videoludico. Oggi la situazione rispetto agli anni 90 è leggermente migliorata perché i giocatori di quegli anni sono diventati genitori e possono comunicare con i figli sul tema ad armi pari. Se questo background manca, difficilmente madri e padri riescono ad avvicinarsi al mondo videoludico dei figli; è un peccato, perché sarebbe un punto di contatto con i bambini, per giocare con loro. Non capisco perché chiudersi a questa possibilità.

Il nostro gruppo editoriale (Editoriale Duesse) realizza Movieforkids.it, un sito che parla di cinema ai genitori consigliando loro se un film, in base ai contenuti proposti, è adatto o meno alla visione con bambini a seconda dell’età. Magari lo faremo anche con i videogiochi, prima o poi! Peraltro oggi, per come funziona la distribuzione dei videogiochi, ci sono altri modi per informarsi sui titolo grazie a demo e trailer in rete.

D: Quando sono nati i videogiochi esplicitamente indirizzati ai bambini? L’industria videoludica come ha deciso di comunicare questi prodotti?

R: E’ dall’89 che scrivo di videogiochi e gioco. Negli anni ‘80 non c’era questa distinzione, non credo si badasse troppo all’età del giocatore. Nei primi anni ’90 le aziende si sono rese conto che il pubblico si stava diversificando, e hanno iniziato a pensare a prodotti specificatamente pensati per giocatori più giovani. I dispositivi touchscreen hanno poi dato grosso impulso, abbassando l’età degli “utilizzatori”. Tablet e smatphone per la loro intuitività d’uso sono piattaforme perfette per i bambini e chi produce le app ha grande interesse verso di loro. L’offerta dei videogiochi si quindi è ampliata moltissimo: nel momento massimo di diffusione della PlayStation saranno usciti in un anno 3/4.000 titoli; nel 2015 di app ne sono uscite centinaia di migliaia. L’offerta si è ampliata perché chi produce videogiochi oggi può rivolgersi agli “smanettoni” ma anche a un pubblico meno verticale e ai bambini, basta pensare ai giochi per età prescolare senza scritte o ai videogame “per tutti” sui social.

D: Come consiglieresti un genitore che il prossimo Natale decide di regalare una console di gioco al proprio bambino (anche in base all’età)? Sui titoli dei videogiochi i genitori hanno a disposizione la classificazione Pegi e, se la conoscono, la utilizzano. A meno che non siano videogiocatori, sulla scelta dell console sono invece più disorientati…

R: Il mondo delle console è come quello dei film e dei libri, non esiste una categorizzazione assoluta, quindi non c’è risposta univoca alla domanda: che gioco regalo al mio bambino? Ci sono bambini che possono leggere certi libri a una certa età e altri che devono aspettare un po’. Sotto i 5 anni la console più divertente, secondo me e per l’esperienza con le mie figlie, è la Wii U di Nintendo, adatta a un uso “in famiglia”. Quando acquisti una nuova console solitamente ti viene data in “bundle” con un videogioco e nel caso di Wii U, l’abbinamento l’anno socrso era con Mario Party, un titolo da giocare tutti insieme e con ruoli diversificati, grazie al controller con schermo. 

Le console più recenti sono XBox One di Microsoft e PlayStation 4 di Sony, e sono ovviamente anche le più costose. Si possono usare anche per vedere i film in blu-ray, cosa non possibile con Wii U che ha un lettore ottico proprietario. Le differenze tra XBox e PS4 sono minime (si parla di relativamente poche esclusive all’anno, credo irrilevanti se a giocare è un bambino). Quest’anno a mio parere ha lavorato un po’ meglio Microsoft rispetto a Sony, offrendo più titoli per Natale, ma PS4 ha venduto nettamente di più negli anni precedenti. Penso che la differenza la fanno gli amici: se vuoi giocare online con loro a FIFA o PES, è necessario infatti avere la stessa console, quindi chiedete ai vostri figli che console hanno gli amici con cui vogliono duellare online!

Il PEGI è un sistema di autoregolamentazione: è l’industria dei videogame che si regola da sola. Sulle confezioni di videogiochi in tutta Europa vedrete sempre un numero su sfondo colorato: è l’età consigliata. Se un gioco contiene violenza, parolacce, riferimenti a droghe o crimini, sesso e via dicendo, la classificazione fluttua da 3+ a 7+, poi 12+, 16+ e 18+. Il PEGI non indica che a quel gioco possono divertirsi dei ragazzi o bimbi di quella specifica età: per esempio, Civilization – uno strategico molto complesso, una specie di Risiko planetario che parte dall’età del Ferro e arriva all’esplorazione spaziale – è PEGI 3+ perché non ha grossi momenti di violenza. Puoi conquistare una città o lanciare l’atomica, ma muovi essenzialmente delle pedine. Non vuol dire che ci può giocare un bambino di 3 anni, però, non riuscirebbe nemmeno a cominciare!

D: Console portatili e tablet (ampiamente usati dai bambini): come sta evolvendo la situazione? Ha ancora senso una console portatile?

R: Evidentemente, le console portatili (Nintendo 2D e 3DS e PSVita) sentono la concorrenza dello smartphone: chi ha già uno smartphone in casa può “risparmiare” e giocare con quello mentre è in treno o metrò. I giochi per console portatile, inoltre, costano 20-30 euro l’uno, mentre sullo smartphone trovi giochi a pochi euro o addirittura gratis (ma attenti alla “trappola” dei Freemium, che ti chiedono di pagare per potenziare il personaggio o non aspettare ore per il prossimo livello). Credo che i giochi per smartphone e tablet siano all’altezza di quelli per console portatile: magari sono più brevi, e tanti giochi nati per pc e console oggi vengono prodotti anche in versione touch. PS Vita e 2/3DS hanno l’innegabile vantaggio di essere console dedicate al gioco, quindi hanno pulsanti e joypad fisici che su smartphone non esistono, bisogna toccare lo schermo e spesso questo è un po’ meno immediato, per alcuni titoli. 

D: Giochi adatti ai bambini: quali sono i tuoi titoli preferiti? perché?

Comincerei segnalando Disney Infinity e Skylanders di Activision, che uniscono le figurine fisiche col videogioco. Dei due, Skylanders ha una struttura più classica. Disney Infinity propone invece un’avventura per tanti personaggi (quelli Disney, ma anche Marvel e quest’anno ovviamente Star Wars) e in più offre “La scatola dei giochi”, un mondo vuoto che si può riempire con i pezzi a disposizione, che richiede uno sforzo in più per crearsi il gioco. Sulla falsa riga ci sono poi gli Amiibo: queste Action Figure di Nintendo non sono legate a un gioco specifico, ma possono essere utilizzate con moltissimi titoli, e sbloccano personaggi o abilità. L’effetto “collezionismo” è il medesimo, e sono miniature molto belle, come quella di Yoshi “lanoso”.

Consiglierei anche altri titoli meno conosciuti, che ho scoperto recentemente e che sono ideali per giocare insieme ai bambini. Uno è Never Alone, ambientato in Alaska, che prevede la possibilità che genitori e figli rivestano i ruoli diversi di due personaggi, la ragazzina protagonista e la volpe sua amica. La stessa cosa si può fare in un videogioco un po’ vecchio, tratto dal film  UP, nei ruoli di nonno e bambino. Molto interessante anche il platform Child of light: il bambino/ragazzino controlla la protagonista, Aurora una bambina e principessa dai lunghi capelli rossi, l’adulto ha un punto di luce che il bambino può seguire anche nei combattimenti, cosa molto utile se non ha molta esperienza di videogame. E poi c’è il classico Mario Kart, divertentissimo da giocare tutti insieme (fino a 4 giocatori sulla stessa console)!

Infine, suggerisco di provare le avventure grafiche di moda negli anni ’90, in cui innanzitutto il protagonista (nella maggior parte dei casi, specie nei giochi Lucasfilm) non muore mai evitando ogni possibile shock e in cui devi risolvere degli enigmi. Per esempio, Monkey Island (nella versione rimasterizzata è disponibile per PC, le console moderne e per iPad) storia di pirati non violenta in cui i duelli tra bucanieri si fanno con frasi e battute d’effetto (naturalmente senza parolacce)! Un’altra avventura che vi consiglio è Luminocity, anche per tablet, in cui c’è una bambina che deve salvare il nonno, con enigmi non facilissimi, per questo meglio se c’è un genitore a fianco.

D: Una domanda d’obbligo: sei un grande conoscitore di videogiochi e sei anche papà, di due bambine. Probabilmente ti sei fatto un’idea precisa sul rapporto che può intercorrere tra loro e il mondo videoludico. Ci dici le tue linee guida a riguardo? 

R: Ai genitori dico “giocate con i bambini e scegliete i titoli”! Nessuno darebbe in mano un film a caso a un bambino di cinque anni: correreste il rischio di lasciare un bimbo in età prescolare da solo davanti a Pulp Fiction o Alien? La stessa cosa vale coi videogiochi e con le app. Gli unici che possono capire se un titolo va bene per il proprio figlio sono i genitori. Ci sono ragazzini di 14 anni che possono giocare tranquillamente a Call of Duty, altri che magari di fronte a certe scene potrebbero rimanere un po’ colpiti. L’ideale è provare il gioco prima di darlo in mano ai figli (di quasi tutti è possibile scaricare una demo gratuita) e poi giocarlo insieme al bimbo o ragazzo. E se proprio non sapete da che parte prendere un joypad, almeno sedetevi accanto a lui e guardatelo mentre gioca e a cosa gioca.


Paolo Paglianti gioca e scrive di videogame da quando hanno abbattuto il Muro di Berlino. I suoi videogame preferiti sono strategici, giochi di ruolo e sparatutto, ma non disdegna corse in auto, avventure e platform. E’ il caporedattore di YouTech, magazine digitale e interattivo per tablet su tecnologia e videogame di Editoriale Duesse. Gioca un numero di ore impensabile a settimana, e se le figlie hanno finito i compiti (ma quanto studiano, oggi?) videogioca anche con loro, un po’ a tutto.
Il LEGO, però, il sabato mattina non lo batte nessuno.