Bambini, giochi e differenze di genere
Mentre nel nostro parlamento si discute (e si litiga) di quote rosa e ci si chiede se sia giusto “incoraggiare” la parità per legge, nel mondo anglosassone è guerra aperta sugli stereotipi di genere e sulle differenze nei giocattoli, come nei libri.
La campagna “Let Toys be Toys” invita produttori, editori e punti vendita a non promuovere giochi e libri come “adatti” a maschi o femmine, ma a organizzarli piuttosto per temi e funzioni. Un precoce orientamento di genere che indirizzi verso alcuni giochi piuttosto che altri può infatti influenzare lo sviluppo comportamentale e condizionare le scelte dell’età adulta. La catena britannica Marks & Spencer ha dichiarato che entro la prossima estate riorganizzerà il layout dei propri negozi evitando le distinzioni di genere. Lo stesso farà la catena Toys R Us in Svezia.
Il fondato dubbio che muove il dibattito nel mondo anglosassone è che se le bambine sono fin da piccole indirizzate verso le corsie rosa delle bambole e delle mini cucine, mentre i bambini prendono la strada delle costruzioni e delle macchinine, i maschi saranno incoraggiati a intraprendere corsi di studi scientifici e tecnologici, mentre le femmine saranno orientate verso materie umanistiche o verso la cura esclusiva della famiglia.
A questo proposito il primo Ministro britannico all’Istruzione Elizabeth Truss invitava a gennaio i produttori a non pubblicizzare i set del “piccolo chimico” esclusivamente ai ragazzi e incoraggiava i genitori ad acquistare più Lego per le propri figlie femmine, per interessarle alle materie ingegneristiche. Ha dilagato qualche mese fa sui social network la lettera di una bambina di 7 anni che proprio alla Lego chiedeva di creare più personaggi femminili impegnati in attività di lavoro e non solo nel fare shopping o cucinare. Il persistere di stereotipi di genere nei giocattoli ha spinto Debbie Sterling, un ingegnere della Stanford University, ha fondare GoldieBlox, società che produce giochi con l’obiettivo dichiarato di interessare le bambine alle costruzioni, perché più donne scelgano di studiare materie tecnologiche. In America il dibattito sulla parità investe le bambine, al punto che Sheryl Sandberg, direttore operativo di Facebook, attraverso la sua fondazione LeanIn ha lanciato la campagna Ban Bossy, contro le discriminazioni di genere nell’età infantile. Partendo dalla constatazione che l’autostima delle femmine crolli 3,5 volte di più di quella dei maschi tra le elementari e le superiori, punta a promuovere la leadership delle donne fin dall’infanzia, proponendo esempi positivi e il superamento degli stereotipi di genere.
Nel dibattito è intervenuto recentemente anche Björn Jeffery, Ceo di Toca Boca che ha presentato il caso dei 60 milioni di download della loro applicazioni quale esempio di come i giochi possano essere neutri dal punto di vista del genere ed avere successo, evidenziando che il perdurare degli stereotipi nei negozi di giochi sia un esempio della scarsa propensione al rischio dell’industria di giocattoli. “I giochi non solo riflettono i valori della società, ma contribuiscono ampiamente a dare forma a questi valori – continua Jeffery – Progettare giocattoli comporta una responsabilità che va oltre la vendita di un pezzo di plastica o, nel caso della mia società Toca Boca, di applicazioni”. Nel mondo digitale in realtà molte app riflettono quanto avviene nell’editoria e nei giocattoli, presentando “principesse” per le femmine – con profusione di rosa fin dall’icona – e “mostri” o giochi d’azione per i maschi. Tuttavia, fortunatamente, gli store online al momento bypassano le divisioni di genere della distribuzione tradizionale, e presentano solo la sezione neutra “bambini”. Inoltre, chi organizza corsi di programmazione per bambini come Digital Accademia e Coderdojo rileva un uguale interesse da parte di maschi e femmine, tanto che, almeno da questo punto di vista, il digitale ci rende più uguali.
È significativo che Toca Boca come simbolo del gioco digitale di genere neutro sia nato in un paese come la Svezia, che figura al 4° posto su 136 paesi di tutti i continenti nel Global Gender Gap Report 2013 del World Economic Forum – uno studio che misura le ineguaglianze di genere in base ad una serie di parametri che vanno dalle aspettative di vita al numero di donne in posizioni chiave della politica e dell’economia. L’Italia è solo al 71° posto. Eppure nel nostro paese il dibattito pubblico su questi temi non conquista consensi e si infiamma solo quando parliamo di quote rosa, mentre dovrebbe essere vivo proprio quando affrontiamo i temi dell’educazione e dell’infanzia. I bambini dovrebbero essere liberi di scegliere come sviluppare la propria personalità attraverso il gioco, senza essere condizionati da preconcetti su ciò che è appropriato al proprio genere. I genitori hanno il dovere di dare pari opportunità ai propri figli, e incoraggiare le loro inclinazioni, evitando di dire con disapprovazione ad una bambina che ama giocare a calcio “non fare il maschiaccio” o ad un bambino che vuole spingere la carrozzina “sembri proprio una femminuccia”.
Le differenze hanno origine da queste imposizioni e limitazioni del mondo dei “grandi”. Le diseguaglianze delle donne adulte hanno radici anche nelle corsie dei negozi di giocattoli e nei giochi ai giardinetti. Se pretendiamo di correggerle a posteriori, rischiamo di diventare più diverse, non più uguali.