JamToday a Milano: quando il videogioco si fa serio

Abbiamo conosciuto Matteo Uggeri a Bologna, nel corso della Children’s Book Fair, mentre teneva una conferenza nell’area Media All Rights per illustrare il mondo dei cosiddetti “serious game” e la realtà italiana delle gamejam.

Matteo lavora presso l’area Digital Learning & Collaboration della Fondazione Politecnico di Milano (che si occupa di fare da tramite tra il mondo della ricerca universitaria e quello di imprese e pubbliche amministrazioni) e dal gennaio 2014 si dedica al progetto JamToday, finanziato dai fondi europei e di cui la Fondazione è partner.

La sua presentazione ci ha fatto capire a fondo di cosa si parla quando il videogioco si fa “serio”. Per questo, dopo la fiera, abbiamo voluto intervistarlo…

Matteo, ci spieghi cosa sono i “serious game”?

Le finalità di un videogioco possono essere anche esplicitamente educative e didattiche. Per esempio può essere commissionato da un’azienda che deve motivare o istruire i propri dipendenti, oppure da un dipartimento di medicina che vuole sottoporre gli operatori sanitari a dei training specifici (per esempio a operare in condizioni estreme, come nel corso di guerre) o da istituzioni che vogliono sensibilizzare le persone su dei temi di valenza sociale. Gamification è un termine ormai abusato e che si applica anche a contesti non necessariamente digitali, ma può rendere l’idea: è attraverso il canale videoludico e le sue dinamiche che si veicolano contenuti altrimenti ritenuti seri o più difficili da assimilare e interiorizzare. Si tratta di titoli poco noti al grande pubblico, molto lontani dai videogames cosiddetti mainstream. Ma sfruttare l’immersività e la capacità di coinvolgimento che i videogiochi esercitano sui più giovani e non solo sta diventando un modo per innovare anche la didattica.

Ci fai un esempio di “serious game”?

Nella presentazione di Bologna ne ho citati diversi. Per esempio gli educatori medici della Plymouth University insieme all’associazione africana Masanga Mentor Ebola Initiative ha sviluppato dei training per educare e aiutare gli operatori sanitari e le comunità dell’Africa occidentale a prevenire e combattere l’ebola. La tecnologia su cui i training sono basati è immersiva, ricorre a simulazioni in ambienti 2D e 3D per insegnare come prendersi cura delle persone malate, come pulire e disinfettare gli ambienti e come proteggere se stessi dal contagio. Attualmente è impiegato in Liberia e in Sierra Leone

A questo punto diventa più semplice spiegare perché si può incentivare l’utilizzo dei videogiochi, spesso tacciati di creare dipendenza…

I videogiochi offrono vari vantaggi in ambito educativo e didattico. Attraverso di essi possiamo spostare l’attenzione che i ragazzi hanno verso la tecnologia dal puro entertainment alla didattica. Alcuni videogiochi possono essere molto efficaci per sensibilizzarli su argomenti etici e “forti”. Titoli come Darfur is dying, Poverty Is Not a Game – PING, Global Conflict sicuramente aumentano l’empatia verso tematiche così importanti. Lo fanno tramite la sperimentazione diretta, in ambienti che simulano realtà altrimenti troppo lontane per essere conosciute e capite.
Oppure si può pensare a giochi specificamente pensati per insegnare alcune materie e competenze. E’ il caso di Electrocity (per mettere in gioco la propria sensibilità ambientale), di Rizk (del London Science Museum, con lo scopo di crescere e proteggere una pianta, in equilibrio tra nutrimento e attacchi da parte di rovinose spore) o del famoso Free rice (per contribuire alla lotta della fame nel mondo, voluto dalla FAO).
 
Una schermata di Darfur is dying
 
Ci sono poi videogiochi per insegnare la biologia, la medicina e la psicologia. Blood Typing Game, premiato con un Nobel nel 2012, per esempio fornisce tutte le informazioni necessarie a capire i gruppi sangugni, le trasfusioni e gli effetti di una trasfusione sbagliata, sfruttando l’interattività sotto forma di una sfida per salvare dei pazienti.
E poi ci sono dei titoli generalisti e commerciali che hanno una componente educativo/didattica intrinseca (come le simulazioni storiche di Civilisation) o che si prestano a innescare discussioni utili in classe e dilemmi morali, come Walking Dead. In questi casi però sta più alla creatività e preparazione dei docenti riuscire a virare l’uso del gioco verso finalità educative e didattiche, e non è sempre facile.
 
Civilization
 

Passiamo al prossimo evento di JamToday: di cosa si tratta?

Il progetto JamToday ha il suo focus proprio nei videogiochi didattici. Per il prossimo settembre stiamo organizzando una gamejam con la finalità di far realizzare ai ragazzi che aderiranno all’iniziativa un videogioco didattico in un solo week end, a partire dal tema “adottare uno stile di vita sano”. Si terrà presso il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, a settembre 2015, articolato in tre giorni. I ragazzi si autosuddivideranno in gruppi e saranno assistiti da dei tutor. Alla fine dei lavori una giuria premierà il gioco con più potenzialità.
Presto troverete altre informazioni sul sito JamToday Milano.

Che cos’è una gamejam? Che differenza c’è tra una gamejam e una hackathon?

Una gamejam è un evento aperto a tutti, che dura più giorni (da due a sei) e che ha come scopo la realizzazione di videogiochi a partire da un tema proposto. L’idea è quella di trasformare gli utenti di videogiochi in creatori di nuovi giochi. Coinvolge solitamente persone giovani, ma non solo programmatori e “smanettoni”. Partecipano anche designer grafici, scenografi, illustratori 2D e 3D, musicisti (vista l’importanza del sound design e delle colonne sonore nei videogames), che collaborano divisi in gruppi, stimolati a dare il meglio quanto a creatività e competenze anche per la pressione data dalla scarsità di tempo. Si lavora con linguaggi e software a scelta, come Unity o Scratch ma anche linguaggi di programmazione come C++. Una Global Gamejam si tiene ogni anno in gennaio e contemporaneamente in tutto il mondo. Le hackathon (termine che deriva da ‘hacker’, pirata informatico, e ‘marathon’, maratona) si svolgono con dinamiche molto simili, ma l’obiettivo è generalmente creare dei software. 

Quali sono i vantaggi del far ideare dei giochi ai ragazzi?

Far creare dei videogiochi ai ragazzi può essere considerato come un processo educativovolto a sviluppare la loro creatività, la capacità di lavorare in gruppo e collaborare (anche online) e di avere una visione a lungo termine, che includa anche l’auto-imprenditorialità. Insomma, può diventare una sorta palestra per acquisire le competenze professionali e sociali necessarie per i lavori ‘del futuro’.

 
Un video per conoscere il progetto JamToday: