“Don’t Whack Your Teacher”: il videogame che fa picchiare il prof

Violenza, rabbia, sangue e oggetti che vengono scagliati con veemenza contro l’insegnante che siede in cattedra. È la “trama” di “Don’t Whack Your Teacher”, il videogame prodotto da Box10.com, in cui gli studenti possono “giocare” a massacrare il proprio insegnante. Ad allarmare, la popolarità raggiunta dal videogioco tra i ragazzi.

Violenza e sangue

Nell’anteprima del videogioco si vede chiaramente il personaggio protagonista – uno studente – che mortifica il suo professore, seduto dietro la cattedra. I metodi sono diversi, ma tutti accomunati da un crescendo di violenza. Del resto, nella descrizione del videogioco, si legge proprio: “Can you find all the different ways to Whack Your Teacher?” (Puoi scoprire tutti i modi diversi per colpire il tuo insegnante?).

Il ragazzino infila una pistola in bocca al professore e dopo lo colpisce con la mano; poi prende una sedia e gliela scaraventa contro, facendolo sanguinare. È una vera e propria escalation di aggressività e violenza fisica. Tutte le scenette si svolgono in una classe, disegnata con la tecnica del cartoon: riconosciamo la lavagna, i banchi, la cattedra del docente e gli oggetti tipici dell’ambientazione scolastica. L’insegnante è costretto a subire maltrattamenti di ogni tipo: viene persino colpito con una mazza da baseball e sgozzato con una forbice. Le immagini, sebbene disegnate in bianco e nero, sono assolutamente realistiche e il rosso del sangue – l’unico colore che interrompe la scala di grigi- esplode sullo schermo.

Il sito whackit.co dedica un’ampia recensione a “Don’t whack your teacher”, descrivendo nel dettaglio alcuni dei 13 modi resi possibili dal gioco per colpire l’insegnante. L’autore dell’articolo usa toni entusiastici e trova particolarmente “originale” il momento in cui l’insegnante viene inseguito da uno sciame di api e finisce per cadere dalla finestra. In realtà l’intero sito elenca e recensisce i videogame utili a sfogare la propria rabbia (“The best games to unleash your rage”, si legge in Homepage).

La violenza di questo videogame è talmente esplicita e cruenta che sulla pagina Facebook di “Don’t Whack your teacher”, tra le informazioni è indicato un link che però viene bloccato dalla piattaforma social, poiché “non rispetta gli standard della community”. Occorre ricordare brevemente che, tra gli standard indicati da Facebook, ci sono: “violenza e comportamenti criminali”, “contenuti deplorevoli”.

Se questo è un gioco

Di fronte a scene di questo tipo, sorgono davvero spontanee – se non necessarie – alcune domande. Davvero è un gioco se un adolescente simula che il suo personaggio scateni la sua rabbia e la sua aggressività contro l’altro personaggio che rappresenta il suo insegnante? E poi, perché tanto odio nei confronti degli insegnanti? Quanto sono realistiche le scene rappresentate dal videogame? E ancora: perché un adolescente ha dentro una rabbia così grande?

Cerchiamo di fare ordine. In “Don’t Whack Your Teacher” si rivedono, sebbene esasperate, alcune dinamiche che negli ultimi anni si stanno verificando all’interno dei contesti scolastici, dove un numero sempre maggiore di insegnanti subisce violenza verbale e fisica da parte degli alunni e, purtroppo, anche da parte dei genitori.

“Purtroppo le cronache negli ultimi tempi riferiscono episodi di aggressione fisica a danno dei docenti da parte di alunni e genitori, quindi questo videogioco appare come uno specchio neppure troppo fantasioso di una triste realtà“, ricorda giustamente la pedagogista Barbara Laura Alaimo.

Pensare al videogame come a una rappresentazione di una realtà ormai consolidata è, però, un errore. Così si rischia, infatti, di accettare questa realtà e di convincersi che non sia importante cambiarla e addirittura sovvertirla, riconfermando alla scuola la sua funzione preziosa di comunità educante.

Il ruolo degli adulti

Che cosa può fare un adulto se un adolescente mostra una così grande rabbia e prova una sorta di compiacimento verso la violenza virtuale?

Barbara Laura Alaimo invita alla riflessione e spiega: “Proviamo a chiederci cosa spinge un ragazzo a provare divertimento utilizzando un videogioco il cui scopo è colpire un docente. Mancanza di riconoscimento dell’autorità? Rabbia? Desiderio di vendetta? Senso di impotenza? Violenza gratuita?  Ma sopratutto dove i ragazzi hanno appreso questa logica di prevaricazione nelle relazioni? Queste sono domande che genitori e insegnanti, insieme, dovrebbero iniziare a porsi seriamente. Abbiamo bisogno di crescere bambini e ragazzi in un clima autorevole e sicuro, protettivo e accogliente che aumenti la loro autonomia e responsabilità”.

Il confine tra virtuale e reale è ormai sempre più sottile. Non va trascurato di indagare i motivi di una violenza, perpetrata online o offline, e in questo gli adulti hanno un ruolo fondamentale, cui non devono sottrarsi. Anzi.

Dice ancora la pedagogista Alaimo: “Ripartiamo noi adulti escludendo le logiche di potere dalle relazioni educative (ho io il coltello dalla parte del manico; sono il più forte) e prendiamoci il nostro ruolo di adulti con la A maiuscola, capaci di fornire ascolto e di essere un esempio”.