Didattica a distanza, tra emergenza e nuove pratiche educative

L’emergenza sanitaria degli ultimi tempi sembra aver improvvisamente sdoganato l’uso delle tecnologie a scuola. L’impegno degli insegnanti e delle istituzioni per colmare la chiusura delle aule scolastiche, si apre positivamente all’e-learning. La teledidattica o didattica a distanza però non nasce oggi e le opportunità che offre al mondo educativo non si limitano a colmare il vuoto temporaneo delle aule tradizionali. Almeno non dovrebbero.

Ma cosa ci suggerisce la ricerca sull’e-learning?

Le ultime ore ci offrono alcuni suggerimenti preziosi derivanti dalle esperienze di qualità già precedentemente sperimentate in e-learning. L’8 marzo scorso infatti, la SIREM, Società italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale, apre a tutti, insegnanti, dirigenti e genitori, la possibilità di far luce sull’adozione di forme di didattica a distanza in risposta al DPCM del 4 marzo 2020 per il contenimento del COVID-19.

Tra i diversi e importanti elementi che il Compendio SIREM per la scuola affronta, evidenziamo l’importanza che assumono non solo gli strumenti e le risorse tecnologiche di cui parleremo in seguito, ma l’interazione tra docenti e studenti, la progettazione, la collaborazione, il dialogo e l’ascolto. Elementi, questi, che distinguono l’e-learning dalle generazioni precedenti di didattica a distanza, che conservavano ancora un’ottica volta al solo trasferimento delle informazioni.

Come affrontare le difficoltà legate al nuovo scenario formativo

L’e-learning prevede un setting progettuale ed educativo che non può essere ridotto solo a questioni prettamente strumentali. L’approccio in rete, inoltre, non si pone come sostituto alla didattica in presenza, ma racchiude in sé peculiarità che devono essere prese in considerazione a monte dell’attività online. In altre parole, se si prendesse un salvagente e lo si usasse in aria, non avrebbe la stessa efficacia e funzionalità che avrebbe nel suo luogo di destinazione che è l’acqua.

La didattica a distanza, quindi, costituisce anche un ambiente con caratteristiche precise, un luogo di dialogo, dove vengono sviluppate competenze di empowerment da parte di docenti e studenti.

Risulta fondamentale quindi mantenere vivo il coinvolgimento degli studenti, lavorando sulla motivazione e sul protagonismo dei ragazzi. La distanza infatti, se non adeguatamente gestita, potrebbe peggiorare la situazione di chi, già in presenza, tende a perdere interesse.

Quali sono dunque le caratteristiche di cui la didattica a distanza dovrebbe tener conto?

La ricerca ci insegna che durante le pratiche educative online, il corpo docente potrebbe trovarsi di fronte a problematiche sia strumentali che metodologiche. Importante quindi saper individuare i dispositivi e le risorse tecniche da impiegare, verificare le proprie competenze in merito e formarsi adeguatamente. Per quanto riguarda il metodo diviene utile riflettere sul come e perché utilizzare tali strumenti al fine dell’apprendimento.

Non andrebbe mai dimenticato che il ruolo del docente è anche quello del tutor online, ed è fondamentale che acquisisca quelle competenze empatiche utili alla mediazione dei processi di apprendimento, come la capacità di ridurre le tensioni tra gli studenti, di incoraggiare la partecipazione e di evitare atteggiamenti giudicanti.

Quello che va ricordato è che l’intera attività online non può essere frutto di improvvisazione pura, tolto il necessario rimodellamento in itinere a fronte di eventuali feedback poco incoraggianti. La progettazione, il rendere sempre chiari gli obiettivi da raggiungere e il dialogo sono fondamentali al fine di creare un ambiente user friendly ed un clima collaborativo e stimolante.

Il lavoro preliminare del docente prevede la scelta degli strumenti utili all’interazione, come gli spazi per la condivisione dei materiali, la gestione delle lezioni in diretta o registrate, la predisposizione di ambienti per la discussione collaborativa. Impiegare dispositivi complicati o risorse raggiungibili da pochi sarebbe controproducente all’apprendimento.

Il problema dell’accesso e il divario digitale

Una delle problematiche sollevate nelle ultime settimane è infatti quello legato al diritto universale allo studio. Il divario digitale è sicuramente tema fondamentale per le istituzioni governative. Già nel 2015 il MIUR, con il PNSD, Piano Nazionale per la scuola Digitale, dedica l’attenzione ad una strategia per l’innovazione della scuola italiana. Investe pertanto sulle infrastrutture e sulla formazione docente.

Il problema dell’accesso però non è solo di origine tecnica distribuita negli istituti scolastici.  Compito degli insegnanti è quello di individuare gli strumenti più facili da utilizzare ed accessibili a tutti, così da rimuovere qualsiasi forma di esclusioneRaccogliere informazioni sui dispositivi presenti nelle famiglie dei propri studenti, sarebbe utile per capire quali impiegare in maniera eterogenea. Se gli strumenti non fossero condivisibili da tutti, sarebbe bene sceglierne uno, anche meno innovativo, ma che permetta la continuità didattica comune, come ad esempio l’impiego della semplice e-mail.

Quanto agli strumenti e alle risorse disponibili in rete, segnaliamo Didattica a distanza, la pagina ufficiale predisposta del Ministero dell’Istruzione per supportare le scuole che vogliono attivare forme di didattica a distanza in questo momento particolare.  Le piattaforme e gli strumenti messi a disposizione delle istituzioni scolastiche, grazie a specifici protocolli siglati dal Ministero, sono a titolo completamente gratuito. In rete sono disponibili anche piattaforme alternative rispetto a quelle segnalate, vale sempre l’indicazione di coordinarsi fra gli insegnanti della stessa classe per adottare ambienti quanto più possibile omogenei.

Quale prospettiva per il futuro della didattica a distanza?

Il mondo della rete offre quindi opportunità di collaborazione e cooperazione che vanno oltre l’emergenza. Quello che possiamo sperare è che quando tutto tornerà alla normalità, l’esperienza dell’e-learning non torni ad occupare le retrovie, ma coinvolga in maniera sempre più consapevole le comunità educative e le famiglie. Il tutto in un’ottica di formazione continua e costruzione di soft skills utili alle nuove prospettive lavorative.

Innovarsi e produrre rinnovata tradizione quindi, senza avere paura del nuovo e senza farsi bloccare dalla difficoltà, come ci ricorda da tempo Gianni Rodari:

È difficile fare le cose difficili:
parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco.
Bambini, imparate a fare le cose difficili:
dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi.