“Un emoji per amico”: un romanzo su adolescenti e web scritto dagli studenti
I ruolo della scuola e della famiglia nell’educazione digitale
“Pericolo Smartphone” e poi “Un emoji per amico”: due libri che testimoniano la sua attenzione per alcuni fenomeni che riguardano la vita degli adolescenti e che chiamano in causa anche gli adulti. Qual è allora, secondo lei, il ruolo della scuola e della famiglia nell’educazione digitale dei bambini e dei ragazzi?
La scuola e la famiglia devono assolutamente sentirsi responsabili di come (e quanto!) gli adolescenti usino, spesso maldestramente, i propri smartphone. Il loro utilizzo ossessivo allarga sempre più il confine tra la quotidianità scolastica e il mondo esterno. Eppure queste due realtà non possono essere separate l’una dall’altra, perché s’influenzano reciprocamente.
Solo una scuola (ma anche una famiglia) che prende seriamente in considerazione le opportunità ma anche i rischi di una connessione continua può offrire un insegnamento adeguato con i media e sui media. Aiutando i ragazzi a utilizzare la tecnologia e gli smartphone in modo consapevole, creativo e sicuro, li prepara alla società di domani.
L’idea di un percorso di scrittura collettiva e partecipata
“Un emoji per amico” è un libro a più mani, nato e cresciuto in un percorso di scrittura collettiva e partecipata. La storia di un ragazzo attaccato al suo smartphone è raccontata da “Ottocento straordinari allievi”, ottocento nativi digitali potremmo aggiungere, che hanno tolto un po’ di tempo ai social per dedicarlo alla scrittura. Anche questa, oltre che quella raccontata nel libro, è una bella storia. Com’è nata l’idea di questo progetto?
Nella scrittura creativa i ragazzi esprimono e cercano soprattutto se stessi, pertanto il nostro progetto è stata un’occasione unica per scoprire il “mondo” socioculturale dei ragazzi che abbiamo di fronte. È stata necessaria da parte della scuola una particolare attenzione al grado di identificazione che i ragazzi manifestavano con Billi, il ragazzino co-protagonista della storia, e quanto proiettavano emotivamente sul personaggio di Virty, un simpatico emoji, una sorta di “grillo parlante” che veicola messaggi positivi. Ascoltando le loro osservazioni, abbiamo capito di quali e quante conoscenze sono portatori, quanto e come usano la rete, se sottovalutano i rischi o se hanno timore delle innovazioni, se sono o meno controllati dagli adulti.
Un protagonista che mente sulla propria età per iscriversi a Facebook
Billi, il protagonista del libro, dice una piccola bugia sulla sua età quando si iscrive a Facebook; poi incontra e si scontra con alcuni bulli; spesso, per seguire le varie faccende sul suo smarthphone, non fa i compiti, salta la merenda e rimane solo nella sua stanza. Quanto si sono ritrovati in questi episodi i giovani scrittori che li hanno raccontati?
Essendo uno sforzo di scrittura collettiva, l’idea generale degli animatori si è dovuta confrontare con i ragazzi e dare loro l’imbeccata per capire quale rapporti essi avessero in realtà con il mondo dello smartphone; nei dibattiti in classe i ragazzi, seppure in terza persona o riferendo le situazioni ad altri, hanno rivelato dei cambiamenti nel loro atteggiamento, spesso una caduta di motivazione e concentrazione per la scuola e lo sport, e alcuni hanno rivelato con preoccupazione una perdita del contatto con la loro realtà quotidiana.
Un emoji come guida per il protagonista
In un libro che racconta i pericoli della rete, è proprio un emoji (“Virty”) a guidare il protagonista, cercando di tenerlo lontano dai guai. C’è un messaggio implicito?
Sì, dietro alla scelta di Virty c’è il bisogno di riflettere su quanto può essere rischioso togliere alla comunicazione la sua dimensione più importante, quella del dialogo interpersonale. Virty si ciba di parole, le rende inutili perché comunica in un modo rapido, universale, efficace… Ma davanti alle implicazioni affettive del rapporto con il ragazzo, perfino Virty si sforza di trovare i modi per comunicare, dato che la posta in gioco (l’amicizia e la sicurezza di Billi) è così alta. Infine, Virty rivela di essere quasi geloso di Billi, che può avere una vita piena, amici veri, affetti sinceri, cose che lui non avrà mai.
Quali sono gli altri progetti in cantiere?
Due progetti altrettanto importanti. Le “Favole dell’inclusione”: 12 favole, una per ogni mese dell’anno, con le quali vogliamo favorire l’inclusione scolastica e sociale dei bambini stranieri, dei bambini con disabilità, diversità e svantaggio e aiutare chiunque a vivere senza pregiudizi. Far capire ai nostri allievi che è basilare conoscere ‘l’altro’, parlargli, condividendo piaceri, problemi e preoccupazioni. La diversità e l’inatteso sono valori, non disvalori e possono contribuire a rendere la vita più varia e più bella.
E la “La fabbrica delle nuvole”: una fiaba ecologica strettamente legata ai più grandi problemi ambientali di oggi (ad es. i Pfas, ma non solo), per fare in modo che i ragazzi acquisiscano maggior consapevolezza dell’importanza che in una società civile riveste il rispetto dell’ambiente per migliorare la qualità della vita e facendosi così portavoce di una cultura ambientale anche nelle proprie famiglie e nei contesti in cui vivono. Possono pertanto cogliere l’importanza di adottare comportamenti responsabili nella vita di tutti i giorni al fine di preservare la natura e la biodiversità.