Perché un genitore dovrebbe conoscere i videogiochi o i manga?
Sono psicologa psicoterapeuta ma anche madre di un ragazzo di ormai 15 anni. Come tanti genitori, ho promosso e sostenuto i suoi interessi e le sue passioni durante tutto il processo di crescita e continuo a farlo ancora oggi. Mi sono appassionata ai videogiochi, alla robotica e da ultimo ai fumetti manga. Come e perché è potuto succedere?
Come, da madre e da psicologa, mi sono appassionata a videogiochi e fumetti
Una volta dovevo approfondire la storia di una saga di videogiochi, ma come tanti adulti avevo poco tempo – quando ne ho, spesso è tarda sera e la lucidità mentale rimasta non è sufficiente per giocare i tanti titoli di una saga. Ho scoperto però da un collega che la medesima saga era narrata da un manga, che ho trovato durante una visita in fumetteria con mio figlio. Se ve lo state chiedendo, in questo momento dell’adolescenza sono una madre che videogioca, canzonata perché scarsa e sgridata perché spendo soldi in fumetti; ma io mi diverto perché sollecito una riflessione sulla gestione del denaro in mio figlio. Questo però ci permette di avere un linguaggio comune. Da sempre mi racconta le avventure dei personaggi dei videogiochi, le nuove uscite e le notizie. Insomma, quando mi interroga capisco la lingua e lui si sente ascoltato. Tornando ai manga, esaurita la saga di partenza, ho scoperto che la narrativa per immagini è abitata da storie e personaggi interessanti e ho capito perché i ragazzi ne siano così attratti. Ho cominciato allora a chiedermi se esplorare questo mondo potrebbe avere un effetto positivo nel lavoro a contatto con loro. Così ho cominciato a esplorare il mondo dei manga, nelle fumetterie, nelle librerie e chiaramente su YouTube, dove gli appassionati recensiscono le serie che seguono.
Quando adulti e ragazzi parlano un linguaggio comune
Tempo fa mi hanno chiamato per un intervento di formazione sui videogiochi in una comunità per bambini e adolescenti. È un evento che ha del miracoloso, perché di questi tempi i professionisti che vanno per la maggiore sono quelli che sposano le paure e le ansie degli adulti, soprattutto dei genitori. Io invece capita sia depennata dai candidati perché porto contenuti innovativi e contestualizzati nel momento storico che stiamo vivendo: il temuto presente della rivoluzione digitale.
Si impara dagli errori, l’attenzione dei ragazzi va conquistata. Con loro hanno poca presa le teorie scientifiche per spiegare perché la violenza nei video games non influenza il comportamento o perché i videogiochi non sono una droga che fa male, ma possono diventare per alcuni una strategia di compenso per affrontare momenti difficili. Il linguaggio anche in queste occasioni dev’essere comune.
Siccome leggo sempre una rappresentazione dei ragazzi violenta, narcisistica e annoiata, a cui non credo, perché penso sia frutto dell’invidia degli adulti per la gioventù, voglio sempre vedere sul campo se ho ragione. Per questo, in quella comunità per adolescenti ho deciso di cambiare il format del mio intervento e di dedicare un’ampia fetta di tempo a conoscerli: cosa leggono (giornali, libri, fumetti, blog), cosa guardano (tv, cinema, serie, YouTube) e infine cosa giocano (giocattoli, giochi da tavolo, sport, videogiochi). Queste domande hanno acceso il fuoco in bambini e ragazzi. Sullo schermo le immagini degli YouTuber, dei manga e dei loro video games preferiti. È diventato difficile tenere l’ordine, per l’entusiasmo e il desiderio di partecipazione. Bambini e ragazzi si riconoscevano nei personaggi, nelle storie, nelle esperienze. Ero in mezzo a loro, parlavo la stessa lingua. Non è stata una lezione, ma una discussione. Ho finito senza voce e ho sentito di avere vinto, dove la vittoria non è la superiorità sull’altro ma mettersi sullo stesso piano e trovare punti di contatto e comunicazione.
Coltivare la relazione con i ragazzi imparando il loro linguaggio
Non sono un adulto o una professionista speciale, ma sono sicuramente una persona curiosa. È la curiosità a sfinirmi fisicamente, perché crescendo il tempo per esplorare, conoscere e imparare non è mai abbastanza rispetto agli impegni della vita quotidiana. Siamo noi che dobbiamo usare il linguaggio dei giovani; è quello che facciamo quando sono bambini e non bisogna smettere quando diventano adolescenti. Cominciare quando sono già grandi è difficile, ma non getterei la spugna se siete in quella situazione. Imparare il loro linguaggio ci consente di avere più possibilità di relazione con i ragazzi. Un linguaggio comune aumenta lo spazio di relazione ed equivale ad avere più tempo in cui comportarsi da modello quando sono piccoli per educarli e sfruttare le ultime opportunità di star loro vicini quando sono già grandi. Il tempo che abbiamo da spendere con i nostri figli, per quanto stancante, è una risorsa che si esaurisce e non torna più.