L’adolescente e i suoi follower. Perché la popolarità è così importante?

Alla fine si arriva sempre alla stessa risposta. Perché si pubblicano certe foto? Perché ci si mette a rischio facendo video pericolosi? Perché si presta la propria faccia a situazioni che sarebbe meglio nascondere? Perché, infine, si commenta e si scrivono certe frasi volgari o cariche di odio senza preoccuparsi delle conseguenze? La risposta, come dicevo, è sempre la stessa. La popolarità.

follower

L’importanza della popolarità in una società che mette al centro la prestazione

Il numero di follower, che lo si voglia o no, conta. Tra l’altro conta tantissimo anche nel mondo degli adulti, spesso tra i primi a cercare popolarità e fama con i social network. Tra i primi anche a osannare e a sgranare gli occhi per quei ragazzi che raggruppano migliaia di follower sui loro canali. Il numero di follower, inutile girarci attorno, conta perché la società in cui viviamo mette al centro la prestazione e il risultato. Chi è popolare ha successo e, annebbiati dai numeri, non ci si ferma abbastanza a pensare a come si è raggiunto quel successo. Ci sarà differenza tra una ragazza che diventa popolare grazie alle sue doti di attrice e un ragazzo che fa crescere i suoi follower grazie a foto in cui mette in mostra i suoi addominali?

Perché un primo punto su cui fermarsi a riflettere è proprio questo. L’adolescente del 2019 deve fare i conti con i propri follower. Nel momento in cui si apre un social network si confronta inevitabilmente con questo aspetto, non potrebbe essere altrimenti. Diventa allora importante accompagnarli in questo percorso, piuttosto che negarne l’esistenza, aiutandoli magari a dare il giusto peso ai follower. Spiegare a un figlio che la popolarità non deve essere l’obiettivo a cui tendere ma l’eventuale conseguenza di un lavoro ben fatto è senza dubbio un buon messaggio educativo da passare.

Sui social network, infatti, i ragazzi si trovano improvvisamente e senza nessuna fatica al vertice di un gruppo. Prima dell’avvento dei social non era così. Nei gruppi c’erano certamente alcuni ragazzi più popolari di altri ma i gruppi erano limitati nello spazio e nel tempo. Oggi invece i gruppi sono potenzialmente senza confini e ogni singola persona che apre un account ha un suo personale gruppo di riferimento a cui rivolgersi. La popolarità è allora così importante perché è alla portata di tutti, non più esclusiva di qualche singolo ragazzo. In più, aspetto non secondario, è facilissima da avere. Nel bene e nel male.

La popolarità: una favola da ridimensionare

Un primo rischio a cui stare attenti, allora, è quello di non mettere la popolarità come unico obiettivo. Se infatti a contare sono solo i follower, tutti i mezzi per raggiungerli e implementarli diventano corretti. Pubblicare foto mezzi nudi, condividere video in cui si prende in giro qualcuno, scrivere commenti imbarazzanti, mettere in rete video con challenge pericolose… sono solo esempi di contenuti che non dovrebbero passare dalla rete ma che, al contrario, vengono utilizzati perché aumentano la popolarità. Benissimo, allora, educare i ragazzi al rispetto e dire loro cosa non va pubblicato. Forse, però, bisognerebbe aiutarli anche a ridimensionare la favola della popolarità che si trova all’origine di molte pubblicazioni.

Un altro rischio è legato al fatto che la popolarità espone al gossip, all’insulto, al commento. Lo sanno molto bene le persone famose che hanno dovuto rinunciare a parte della propria privacy in cambio del successo. Ma se parliamo di ragazzini il discorso è differente. Mettere tutto online, pubblicare storie in cui si parla della propria fidanzata o si raccontano le proprie emozioni, è pericoloso perché il pubblico a cui ci si rivolge è, come detto, potenzialmente infinito. Un ragazzo di 15 anni con 5.000 follower che parla della sua vita e posta le proprie foto su Instagram si espone molto. Siamo sicuri che saprà difendersi da tutte quelle cinquemila persone?

Tre modi per proteggere i ragazzi nel mondo social

Se i follower sono oggi così importanti, però, la colpa non è certo dei ragazzi. Anzi, loro andrebbero difesi maggiormente da un sistema senza dubbio molto affascinante. Dal mio punto di vista li si può sostenere almeno in 3 modi. Il primo è evitando che entrino troppo presto nel mondo dei social network. Mai prima dei 10 anni. Con molte attenzioni e sostegno durante le scuole medie. Il secondo è facendogli impostare un profilo privato, che in qualche modo limita il numero di persone che può seguire il profilo. Il terzo è aiutandoli a non dare troppa importanza ai follower e alla popolarità.

Tutto questo, però, deve partire dagli adulti, i primi a non dover cedere al fascino dei follower. Anche nel mondo dei social, infatti, la popolarità ha senso solo se è costruita e se passa dal lavoro. Non può essere una scorciatoia per evitare di impegnarsi. Bisognerebbe quindi chiedersi se davvero ha senso vendere la propria immagine o, peggio, quella di un figlio in cambio di un possibile successo?