Il potere delle storie per prevenire il cyberbullismo
Quando termina lo spettacolo alcuni ragazzi hanno le lacrime agli occhi. Altri tirano un sospiro di sollievo, battono le mani anche per fare uscire un po’ di tensione e liberarsi da quel senso di inadeguatezza che ha cominciato a farsi spazio tra di loro. Si aspettavano di parlare di cyberbullismo, di assistere a uno dei tanti, forse troppi, momenti in cui gli adulti dicono loro cosa è giusto e cosa è sbagliato fare con uno smartphone. “Non condividete, non fotografate, attenzione perché è illegale, rischiate di finire nel penale, perché non mettere via quel cellulare e vi parlate di persona…” e tanti altri consigli non sempre richiesti. Ma questa volta è stato differente. A parlare sono state le emozioni e quelle lacrime sono lì a testimoniarlo.
Edoardo Mecca, in uno spettacolo scritto da Simone Cutri, porta sul palco “Avrei soltanto voluto”, la storia di un ragazzo di quindici anni che diventa vittima di cyberbullismo. Un attore diventato famoso anche grazie al web, come ricorda Edoardo ai ragazzi nel dibattito che segue lo spettacolo, che dà voce a un giovanissimo adolescente e a tutti i suoi cambi d’umore repentini. Il risultato è sorprendente. Il cyberbullismo è sullo sfondo, in secondo piano. Prima c’è la vita di questo ragazzo, le sue speranze, i suoi desideri. C’è il divertimento, anche quello che i social network sono in grado di dare. C’è il gruppo, gli amici, gli amori. C’è, per dirla in altre parole, la vita del ragazzo. Quella stessa vita che tendiamo a dimenticare quando parliamo di cyberbullismo.
Dare voce alla vita vera per prevenire e contrastare il cyberbullismo
Dare voce alla vita, prima che alla morte, è però fondamentale in adolescenza. I comportamenti dei ragazzi, anche quelli sbagliati e pericolosi, hanno sempre una loro logica se li sappiamo leggere all’interno del contesto in cui vengono portati avanti. Questo non significa ovviamente che vadano bene e che debbano essere giustificati. Anzi, è vero proprio il contrario. Se però si vuole fare davvero prevenzione e non solo mettersi la coscienza a posto, non può bastare dare ai ragazzi una serie di regole da rispettare. Occorre passare dalla vita, dalle loro storie, per aiutarli a comprendere un po’ di più quali sono i motivi di alcuni loro comportamenti, anche quelli più pesanti e sbagliati. Come ad esempio quelli legati al cyberbullismo in tutte le possibili sfumature.
Non solo regole, ma anche storie per spiegare il cyberbullismo
Muoversi tra palco e realtà consente allora di far vedere e sentire ai ragazzi che chi diventa bullo o cyberbullo non è poi tanto diverso da loro. Ha le stesse emozioni e speranze, si diverte e commette degli errori come loro. Così come la vittima di cyberbullismo. Non è un perdente, non è un ragazzo che se l’è andata a cercare, non è un debole. È semplicemente un ragazzo, punto. Dietro a certi eventi così dolorosi ci sono delle storie comuni che riguardano tutti i ragazzi. Specialmente nel cyberbullismo dove è facilissimo, basta una lieve pressione sullo smartphone, ferire qualcuno. Dove tutto sembra un gioco, perché ci sono i like, i cuoricini, i follower e le visualizzazioni. Dove sembra di essere sempre anonimi e non rintracciabili, perché lo schermo mette distanza, nasconde. Dove, in definitiva, è molto facile superare il limite tra il giusto e lo sbagliato, tra la vita e la morte.
Narrazioni per identificarsi e sperimentare, ma senza scottarsi
Ascoltare una storia aiuta allora i ragazzi a identificarsi con il protagonista della vicenda narrata. Come per magia, poi, questa vicinanza permette di porsi delle domande sulla propria vita, sui propri comportamenti, sul senso di ciò che capita tutti i giorni. Il cyberbullismo smette di diventare un fenomeno, un problema, un comportamento adolescenziale pericoloso, un etichetta che i giovani si fanno appiccicare addosso. Diventa al contrario una possibilità, qualcosa che può capitare di vivere ma che può fare molto male, da una parte e dall’altra. Dietro ci sono sempre delle motivazioni, i ragazzi lo sanno molto bene ed è per questo che nonostante tutto continuano a farsi del male anche in questo modo. Ma se come adulti riusciamo a dare loro delle occasioni per ascoltare delle storie, e quindi per ascoltarsi, forse possiamo aiutarli maggiormente nella ricerca di altre modalità per affrontare le difficoltà.
Tornare alle relazioni per parlare di cyberbullismo
Il cyberbullismo, infatti, ha a che fare con le relazioni. Proprio questo tratto, che lo si voglia o no, rende questo fenomeno così complesso e pericoloso. Se però lo si prende solamente da un punto di vista tecnico, dicendo ai ragazzi che non si deve fare perché è un reato e insegnando loro a non condividere certi contenuti, si rischia per l’ennesima volta di non mettersi in ascolto. Ci diranno magari che abbiamo ragione e che non lo faranno più, ma senza aver compreso davvero cosa si nasconde dietro a quel loro comportamento.
Avrei soltanto voluto si conclude con un bel monologo che non svelerò perché spero che molte altre scuole facciano questo pezzo di strada con Edoardo Mecca. Trovare modi alternativi per parlare ai ragazzi, evitando sermoni e prediche, è la strada da percorrere per poter far sentire che dietro a una storia c’è sempre una vita che batte, un’emozione che si svela, un ragazzo che ha sbagliato e che avrebbe soltanto voluto tornare indietro e cancellare tutto.
Ma nella vita, quella reale, non sempre è possibile.