No App, un libro che è un invito alla creatività digitale

Daniela Bassi, grafica e autrice del libro “NO APP”, pubblicato da poco da Lapis Edizioni, racconta del suo progetto, rispondendo alle mie domande di maestra e animatrice digitale, nonché sorella gemella dell’autrice.

stefania bassi e daniela bassi
Da sinistra, Daniela e Stefania Bassi.

Stefania: Iniziamo dall’inizio, ovvero dalla copertina del libro! Si vede la mano di un bambino che tiene un “NONtelefono”: ci racconti perché hai scelto come titolo “NO APP”?

Daniela: Con il titolo “NO APP” volevo comunicare immediatamente l’essenza del progetto: un invito per grandi e piccoli ad uscire dal percorso predefinito delle App di gioco – ma non solo – per avventurarsi sulla strada delle idee, puntando meno sulla tecnologia e scommettere invece sullo spirito di inventiva presente in tutti noi.

S: Cosa serve al lettore per realizzare le attività del libro?

D: Basta un cellulare o un tablet e poi tutte cose che troviamo facilmente ovunque: carta, forbici, pennarelli e poco più!
Più che sul profilo materiale, le attività di NO APP prevedono un investimento iniziale in termini di impegno e intenzionalità, rispetto a quando si gioca con le App già “confezionate”… ma, provare per credere, poi si viene ripagati in termini di soddisfazione creativa. Rimane qualcosa di concreto da ricordare e condividere: una storia fatta di ombre, un autoritratto che fa ridere, un racconto da riascoltare. Spesso, dopo un’ora di videogiochi, è trascorsa semplicemente un’ora.

S: Come è nata l’idea del libro, di raccogliere attività da fare con il telefono?

D: Ho fatto un corto circuito tra me da bambina e i miei due bambini, affascinati, come tutti i loro coetanei, da questi dispositivi. Se ti ricordi, nella nostra stanza d’infanzia c’erano pochi giocattoli, per una scelta di essenzialità della nostra famiglia; abbondavano invece sassi, colla, colori, carta e cartoncini e centinaia di mattoncini Lego!

S: E’ vero… tutti materiali che, a differenza di una Barbie, utile solo per giocare a Barbie, ci consentivano infinite combinazioni di gioco!

D: Anche un semplice foglio di carta, oltre al suo classico uso per la scrittura e disegno può diventare un aereo se piegato, una palla se accartocciato, un cannocchiale se arrotolato.
Da qui l’idea di considerare lo smartphone proprio come un “materiale” da esplorare in tutte le declinazioni di gioco possibili: ho cominciato a sperimentare le attività in famiglia e poi con un gruppo di bambini a Explora, il Museo dei Bambini di Roma, dove lavoro come grafica.

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S: Cosa ti ha fatto capire che eri sulla strada giusta? Una strada, a mio avviso, poco battuta fino ad ora, e che mi affascina molto come animatrice digitale della mia scuola!

D: Ho cominciato a notare che i bambini, quando usavano il tablet in modo alternativo, ad esempio come tavolo luminoso o come registratore audio, erano davvero immersi nell’attività che facevano e che il gioco diventava collaborativo e non più esclusivo di un solo bambino, esposto in modalità solitaria – come avviene spesso nel gioco con le App.

S: Mi viene in mente che prima di NO APP abbiamo realizzato insieme proprio un’App per bambini! Che riflessioni hai fatto in merito?

D: L’esperienza di progettare un’App per bambini (Alfabetiera) – mi ha fatto rendere conto che tutto lo sforzo creativo rimane dalla parte di chi progetta le App mentre ai bambini, che le usano, non resta che seguire un percorso predefinito.

Per questo, nel libro ho voluto mettere al centro proprio loro, i bambini che progettano disegni retroilluminati, che inventano uno spettacolo di ombre o compongono un ritratto fuori dagli schemi, senza ricorrere a nessuna App da scaricare: bastano le funzioni di base che troviamo in qualsiasi dispositivo, come la torcia, il registratore audio, la chat, la macchina fotografica. Strumenti basici ma dalle alte potenzialità creative e che ci danno l’occasione di ricollegare mente e mani!

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S: Posso testimoniare che gli effetti di NO APP sono sorprendenti: ho tenuto un percorso di formazione all’Istituto di Vestone e le insegnanti erano entusiaste di mettersi in gioco con NO APP, e riflettere così sulle potenzialità educative dell’uso creativo dello smartphone.

A proposito di educazione: quali sono gli approcci pedagogici che ritieni ti abbiano ispirata?

D: È stata fondamentale l’esperienza che faccio lavorando a Explora e visitando i musei della scienza e altri Children’s Museum all’estero: tutti luoghi in cui si promuove un approccio all’apprendimento “learning by doing” per la scoperta della realtà. Uno smartphone può essere uno strumento digitale nel suo senso strettamente etimologico: un arnese da usare con le dita e con le mani per scatenare la fantasia ed imparare!

S: Il libro si apre con un riferimento al Tinkering, cosa ci racconti a proposito?

D: Il Tinkering è l’approccio diffuso dall’Exploratorium di San Francisco per indagare scienza, tecnologia e design attraverso esplorazioni dirette per le quali si genera un percorso imprevedibile di tentativi e di errori, che porta all’apprendimento.
Non è un caso se il libro inizia con un commento di Mike Petrick, direttore del Centro “Informal Learning” dell’Exporatorium, che ha sfogliato prima della pubblicazione la bozza del libro:

“The NO APP book places creativity back in the hands of children to explore, experiment, and tinker with compelling ideas. NO APP places the creative emphasis on the children, not on the technology: in that way we find re-connect with our hands and minds as the most important app!”

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S: Aggiungerei alle fonti di ispirazione, il corso sull’apprendimento creativo del gruppo di ricerca Lifelong Kindergarten del MIT Media Lab guidato da Mitch Resnick, che abbiamo frequentato online entrambe qualche mese fa.

D: È vero: mi aveva colpito una distinzione di Resnick sulle attività d gioco:

  • giochi “playpen” (il box): ambienti di gioco ristretti che offrono una limitata opportunità di esplorazione, in cui i bambini, protetti e contenuti fisicamente, lo diventano anche creativamente;
  • giochi “playground” (parco giochi): ambienti di gioco in cui i bambini hanno spazio per muoversi, esplorare e sperimentare, magari anche di sbucciarsi un ginocchio, ma sono liberi di creare e determinare i loro giochi.

S: Questi erano i riferimenti pedagogici, ma il libro è pieno anche di riferimenti ad opere di artisti, designer, fotografi!

D: Ci tenevo che ad ispirare i lettori sulle potenzialità creative dello smartphone, fosse qualcuno che lo faccesse attraverso i fatti.
Per questo ho contattato diversi artisti: l’idea di “NO APP” li ha incuriositi e hanno accettato volentieri di dare il loro contributo al libro!

S: Raccontaci di loro..

D: Sono molti, e vi invito a scoprirli pagina dopo pagina… Citerei alcuni degli artisti che hanno utilizzato lo smartphone in modo costruttivo, per creare qualcosa di nuovo:
Jean Jullien su Instagram condivide con migliaia di follower i suoi irresistibili personaggi disegnati o ritagliati, ripresi con il cellulare nelle situazioni reali in cui si trova lui stesso: seduti sulla sabbia, in viaggio in treno.

La compagnia teatrale “7-8 Chili” propone spettacoli in cui interagisce con monitor e proiezioni, raccontando storie in bilico tra reale e digitale.

Michael Christopher Brown  è stato il primo fotografo a entrare nella prestigiosa agenzia fotografica Magnum con i suoi reportage di guerra… scattati solo con il suo iPhone!

S: A scuola, tra i vari strumenti che propongo, c’è da anni ormai il mio stesso smartphone, che metto a disposizione degli alunni come supporto didattico: questo perché credo che l’esempio sia la strada più potente per educare!

Cosa speri rimanga nei lettori (bambini, ragazzi, genitori, insegnanti, etc.) di NO APP?

D: Spero che l’esperienza proposta da NO APP possa contribuire a promuovere un’educazione per l’uso consapevole dei dispositivi, di cui tanto si parla e si sente sempre più l’esigenza. Invece di proibire l’uso dello smartphone il libro NON APP propone una via alternativa che incentiva il pensiero creativo e divergente.
Penso che un bambino che gioca con la mamma o, come nel tuo caso, con l’insegnante, usando il cellulare per proiettare una sua foto sul muro con la lente, una volta adolescente avrà maggiore probabilità di usare gli strumenti digitali positivamente e creativamente!

S: Senza timore di spoiler, vuoi dirci come finisce NO APP?!

D: Il libro non si conclude: tutti i lettori sono invitati a proseguire il libro trovando altre modalità di utilizzo in stile NO APP, mettendosi in modalità “out of the box”, anzi “out of the smartphone”!

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