Chi sono i trapper che spopolano su YouTube e perché piacciono ai nostri figli
Sfera Ebbasta ha 1,1 milione di iscritti su YouTube, la Dark Polo Gang 589mila, Guè Pequeno 716mila, Capo Plaza 743mila. Sono loro alcuni dei trapper che catalizzano le visualizzazioni dei preadolescenti di oggi e che macinano ascolti su Spotify. La loro musica è una variante dell’hip hop, approdata in Italia a partire dal 2011 e nata all’inizio del millennio nel sud degli USA – trap house è il termine slang con cui venivano chiamati gli appartamenti nei sobborghi di Atlanta in cui veniva preparato e spacciato il crack.
Perché i trapper piaccioni ai ragazzi di oggi?
Perché piacciono ai ragazzi di oggi? Perché sono per la musica l’equivalente rappresentato qualche anno fa per i videogiochi da YouTuber come PewDiePie e Favij. Nel settore dei videogame il fenomeno si è ridimensionato, mano a mano che molti ragazzini si sono misurati con la realtà, aprendo canali video e realizzando che “fare lo YouTuber” non fosse poi così a portata di mano. La storia di molti trapper rappresenta invece ancora oggi la perfetta incarnazione del miraggio di fama, popolarità e ricchezza alla portata di tutti promesso dalla rete e da piattaforme come YouTube. Prima di diventare mainstream ed essere assorbita dall’industria discografica, la musica trap è infatti nata con brani autoprodotti e caricati su YouTube.
Come si legge su Wired:
I trapper arrivano quasi tutti dalle periferie, dalle borgate delle grandi città dimenticate da tutti. Spesso hanno una famiglia a pezzi, zero opportunità di lavoro, di crescita. Allora il riscatto è quello di farcela con la musica. E il successo come si misura? Con le visualizzazioni su YouTube.
Una musica che parla di soldi, lusso, successo e droghe
Si tratta di musica fatta di basi elettroniche e sintetizzatori, con l’aiuto di auto-tune, che corregge l’intonazione e maschera le imperfezioni della voce. Un espediente che funziona bene nei brani registrati, ma molto meno nei live. Anche per questo sono guardati con diffidenza e considerati nella maggior parte dei casi una moda passeggera da rapper affermati come Salmo, che in un’intervista a Rolling Stone mette in evidenza il rischio di una bolla di fama precoce ed effimera: “questi ragazzi diventano famosi a vent’anni, senza aver mai sparato né imparato a rassettare il letto. Ma sul palco sei solo con le tue strofe e devi essere preparato; altro che money, money”.
Al centro della ‘poetica’ della musica trap – che perde la carica di protesta del rap – ci sono infatti i soldi, il lusso e le marche ostentate come simbolo di riscatto sociale, di fama e successo:
Saremo ricchi, ricchi per sempre
O forse no, vabbè fa niente
Scrivo una canzone, sì, quella è per sempre
Per certe persone sarà un salvagente
Stanza ventisei, io fatto in hotel
Come Kurt Cobain, fumo Marlboro Red
Lei si sfila i jeans, poi li sfila a me
Lancio i soldi in aria, anche oggi sono il re.
Così canta in “Ricchi per sempre” Sfera Ebbasta, che nelle sue canzoni esprime anche le insicurezze tipiche dell’adolescenza di una generazione priva di grandi certezze sul futuro. I trapper, infatti, piacciono anche perché molti ragazzi ritrovano nei loro testi il proprio stato d’animo. Le icone del rock sono usate come un’etichetta di moda da esibire, mentre la trasgressione e i riferimenti all’universo violento delle gang diventano una veste di facciata in Sportswear della Dark Polo Gang (i cui membri sfuggono all’identikit tipico del trapper perché sono cresciuti in quartieri bene di Roma):
Il mio culo sopra una Bentley
Big Bubble sto fumando
Ferro in mano come Rambo
La trap è una musica al maschile, in cui le donne hanno “il culo sodo” e compaiono sempre sullo sfondo, come oggetti esibiti al pari dei jeans di marca e dei Rolex, spesso con aperti riferimenti sessuali. Altro tema ricorrente è l’uso di sostanze stupefacenti, che vengono consumate da soli e non come rito di socializzazione – lo spinello delle generazioni precedenti che veniva condiviso con il gruppo. Si tratta di sostanze stordenti, di una droga assunta per non pensare, come il purple drank, un mix di Sprite e sciroppo per la tosse a base di codeina. Quello evocato da Sfera Ebbasta – il cantante che avrebbe dovuto esibirsi nella discoteca di Corinaldo – nella canzone Sciroppo.
Un modello per adolescenti precoci
Ovviamente, non tutti gli esponenti del genere sono circoscrivibili nella stessa formula. Ghali, per esempio, prodotto come molti trapper da Charlie Charles, ha sonorità che sfiorano il pop e temi che toccano la vita di un italiano di seconda generazione, l’ebrezza del successo, la multiculturalità. Una dimensione che sembra andare al di là dell’orizzonte di soldi, lusso, droga e sesso, come emerge da una sua intervista dello scorso giugno, sempre su Rolling Stone:
“Mi faccio un sacco di paranoie pensando a cosa possano pensare gli altri ascoltandomi. Ci sono tantissimi ragazzini tra i miei e io ci tengo a sta roba. La prendo sul serio. So che è magica la musica, che ti accompagna e ti cresce, ti incastona in testa delle idee, dei principi, dei valori. Quando hai un’arma come questa in mano, se non la usi bene poi è un casino”
Uno dei punto critici è proprio la presa che hanno i trapper sui ragazzini. Gli adolescenti hanno sempre inseguito modelli che facevano arricciare il naso, quando non apertamente scandalizzare, i propri genitori. Al di là di ogni moralismo, ciò che però spiazza è l’età dei fan: la musica trap non è ascoltata da 16enni, ma da ragazzini di 11-12 anni, cui vengono proposti modelli improntati al consumismo e al disimpegno. I nati dopo il 1995, la cosiddetta iGen descritta da Jean Twenge, entra prima nell’adolescenza, ma assume sempre più tardi le responsabilità dell’età adulta. Tra questa generazione iperconnessa e quella precedente, dei rapper 40enni come Jake La Furia, passa un solco culturale: “I ragazzini non chiedono più ai genitori il motorino per uscirsene di casa e andare a ballare, ma un paio di Balenciaga che hanno visto sui post di Instagram del loro trapper preferito.”
Le responsabilità degli adulti
In un interessante articolo di Vita, si sottolinea come siano stati gli adulti ad aver costruito l’ecosistema in cui si muovono i teen di oggi e all’interno del quale concepiscono il proprio orizzonte esistenziale:
Gli adolescenti di oggi sono figli di chi negli anni ’70 ascoltava il punk rock dei Sex Pistols rifutando le regole e il sistema (qualche volta anche arrivando a sparare per strada) o di chi era ragazzo negli anni ’80, quelli dell’edonismo sfrenato. Ci si stupisce veramente che i loro figli siano il sunto perfetto di queste due anime?
Negli ultimi decenni gli spazi di socializzazione pubblici sono costantemente diminuiti, a partire da quelli dedicati alla prima infanzia, sostituiti da luoghi dominati da una dimensione di mercato. Non è un caso che i teen si ritrovino nei centri commerciali. La grande sfida per i genitori, come suggerisce Alberto Pellai sul suo profilo Facebook all’indomani della strage di Corinaldo, non è demonizzare i trapper, ma cercare di cambiare l’ecosistema:
Bisogna permettere ai nostri ragazzi di tornare a ritrovarsi in luoghi dove non ci sono sempre biglietti di ingresso da pagare, consumazioni obbligatorie da fare, oggetti da comprare se vuoi metterti in coda tre ore per fare un selfie con il tuo cantante preferito di cui devi avere comperato l’ultimo CD. Altrimenti non hai diritto a nulla.