Byod: porta a scuola il tuo dispositivo. Per stare meglio
Si avvicina il tempo delle iscrizioni a scuola. Sbirciando nei siti web, a molti genitori capiterà di leggere i Piani Triennali dell’Offerta Formativa (PTOF) dei vari istituti. La maggior parte delle scuole italiane inseriscono frasi, che riguardano il benessere scolastico: potrete leggere che “è una priorità” oppure che per imparare sono necessari “ambienti sereni e inclusivi”. Tutte affermazioni condivisibili e auspicabili. Non sempre però è chiaro come la scuola intenda perseguire questi obiettivi, attraverso quali metodi, strategie, passaggi o decisioni si possa realizzare quel benessere, che favorirebbe l’apprendimento, la creazione di sane relazioni sociali, lo sviluppo delle capacità degli studenti e delle studentesse, diversi per provenienza sociale, culturale, geografica.
Nel gennaio 2018, il Miur ha diffuso il manifesto Dieci punti per l’uso dei dispositivi mobili a scuola, come anticipazione di un più ampio documento (non ancora pubblicato) dedicato alle tecnologie didattiche digitali per l’apprendimento e per il raggiungimento del benessere scolastico. Al primo punto del decalogo c’è scritto:
“Ogni cambiamento deve servire per migliorare l’apprendimento e il benessere delle studentesse e degli studenti e più in generale dell’intera comunità scolastica”.
Salute e benessere scolastico
Quando nel 1946 viene istituita l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) vi aderiscono 194 Stati Membri tra cui l’Italia. Il suo scopo è “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute”, che viene definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. Il possesso di uno stato di salute è concepito come un diritto di ogni essere umano e come condizione preliminare, per avere nel mondo pace e sicurezza. Da quel momento in poi sarà prerogativa dell’Organizzazione promuovere ogni azione e riflessione, che porti i cittadini ad aumentare il controllo sulla propria salute e a migliorare le condizioni di vita, in tutti gli ambienti.
Tra le condizioni principali per raggiungere quello stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, un individuo o un gruppo devono essere capaci di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di cambiare l’ambiente circostante o di farvi fronte. La salute viene perciò vista non come il fine ultimo della vita quotidiana, ma come un mezzo e una risorsa per valorizzare anche le proprie capacità, non solo fisiche. La responsabilità dello stato di salute dipende, quindi, non solo dalle forme di assistenza sanitaria, ma anche dagli stili di vita, che dovrebbero essere orientati al raggiungimento del benessere.
Disabilità: una condizione che riguarda potenzialmente tutti
Trattare oggi il tema, per esempio, della disabilità significa tenere conto che si tratta di una condizione, che riguarda potenzialmente tutti, in modo diretto o indiretto, visto che il repertorio di abilità di ciascuno può variare lungo tutto il corso della vita e le situazioni di disagio, in ambienti sfavorevoli e non accoglienti, possono riguardare sia direttamente l’individuo, sia persone a lui collegate.
L’OMS ha anche creato uno strumento per misurare il grado di benessere, diciamo così, di ogni individuo: le ICF (Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità, della salute dell’individuo). Le ICF individuano il profilo di funzionamento di ciascun individuo e per la prima volta compaiono anche i fattori ambientali tra quelli che rendono disabile o no una persona. Il profilo si valuta in base a ciò di cui l’individuo è capace, in un dato ambito e in uno specifico momento della sua vita. È su questa base che si affermano due concetti fondamentali: ci sono persone che soffrono per condizioni che, in ambienti sfavorevoli, possono essere rappresentate come disabilità; in secondo luogo tutti, prima o poi, vivranno un’esperienza di analogo disagio.
Che cosa c’entra il benessere scolastico con l’uso dei dispositivi mobili a scuola?
La conseguenza del ragionamento appena fatto, pensata nel mondo della scuola, è che se si predisponessero percorsi di personalizzazione dell’apprendimento, e di conseguenza anche ambienti che favorissero le migliori condizioni per lo sviluppo di apprendimenti significativi, si creerebbero le premesse per la costruzione del benessere a scuola di ogni alunno. Le istituzioni scolastiche possono quindi migliorare le abilità degli studenti per favorire la maggiore autonomia possibile, organizzare gli ambienti per permettere a tutti di raggiungere obiettivi educativi personalizzati e possono, qualora utilizzino le tecnologie, impiegarle anche per monitorare, rilevare e neutralizzare ogni barriera fisica o sociale.
Non possiamo ignorare che i dispositivi personali hanno la potenzialità di trasformare ogni spazio in luogo collaborativo e laboratoriale, contribuendo a creare ambienti di apprendimento aumentati dalle tecnologie. Gli smartphone, in particolare, per la presenza di sensori, misuratori, fotocamere, strumenti di registrazione video e audio, collegamento anche autonomo alla rete sono in grado di riprodurre le attività tipiche di molti laboratori scolastici, come quello scientifico, linguistico, motorio, musicale, artistico.
I vantaggi del BYOD
Per questi motivi, in un approccio BYOD (Bring your own device), i dispositivi mobili personali possono integrare scenari di apprendimento motivanti, se utilizzati in modo consapevole e integrati in una didattica, che preveda un uso attivo delle tecnologie a scopo educativo. Le loro caratteristiche assistive, di potenziamento, di compensazione, di supporto, di addestramento potrebbero essere sfruttate davvero.
Se gli studenti (e anche il docente) usano i loro device, scompare tutto quel tempo dedicato ad acquisire familiarità con strumentazioni e tecniche perché l’oggetto è conosciuto e frequentato. La concentrazione si sposta su fasi più importanti, che riguardano la motivazione all’utilizzo delle dotazioni tecnologiche, per eseguire compiti e condividere prodotti, mettendo tutta la cura che si ha quando si usano oggetti di proprietà personale. Si promuove la possibilità di abbattere le pareti dell’aula, portando anche in ambienti extrascolastici l’accesso alla scuola, attraverso l’uso di piattaforme online, contenuti digitali, interazioni sociali con la classe. La continuità e la fluidità di frequentazione degli ambienti didattici digitali diventano caratteristiche forti dell’ambiente globale di apprendimento.
Il BYOD non si sceglie perché la scuola non ha risorse
Non possiamo poi trascurare l’obsolescenza: i device hanno generalmente un ciclo di vita breve, mentre tempi delle istituzioni scolastiche sono spesso più compatibili con investimenti per dotazioni di medio e lungo termine o per l’intervento più circoscritto, come ad esempio l’acquisto di un numero ridotto di dispositivi mobili o per la dotazione minima di spazi comuni. Il Byod consente di avere a disposizione sempre tecnologie recenti, restituendo alla scuola la possibilità di utilizzare strumenti aggiornati e dalle potenzialità innovative. Risolviamo anche subito un fraintendimento: il Byod non si sceglie perché la scuola non ha risorse. La ricca Svezia e la rinomata Finlandia hanno scelto il Byod da un decennio ormai.
Le migliori pratiche didattiche che prevedono l’uso di tecnologie digitali promuovono la condivisione dei dispositivi in coppia o in piccolo gruppo e questo interrompe l’intimità, che spesso vincola il dispositivo personale allo studente (soprattutto durante l’adolescenza), rinforzando i metodi collaborativi e un ruolo più attivo e da protagonista da parte del discente. Tra i modelli didattici di riferimento abbastanza praticati in Italia, troviamo la Flipped Classroom o classe capovolta, nella quale l’uso delle tecnologie personali, sia in classe che a casa, è parte integrante del design didattico.
Pratiche di autovalutazione e inclusione
Insomma, l’adozione di ambienti di apprendimento digitali, sia in classe sia fuori dall’ambiente scolastico attraverso il Byod, consente di cucire soluzioni educative su misura, adatte ai bisogni e alle attitudini di studentesse e studenti, nonché di applicare strategie di valutazione formativa, che sono tra quelle più efficaci per l’apprendimento. Osservare il processo di apprendimento, non solo i risultati dell’apprendimento, è possibile raccogliendo costantemente e in maniera sistematica utili feedback: per la raccolta dei relativi dati le tecnologie possono essere di grande aiuto e gli studenti possono trovare motivazione e coinvolgimento nel ricevere e restituire feedback anche attraverso i loro dispositivi personali. Il percorso di insegnamento/apprendimento e le pratiche quotidiane di autovalutazione di studentesse e studenti necessitano di tempi rapidi, per poter assestare la rotta verso gli obiettivi, in modo calibrato e coerente.
L’uso generalizzato delle tecnologie consente, inoltre, di evitare lo stigma del dispositivo ad uso compensativo, favorendo così l’inclusione. Ogni studente sarà in grado di mettere al servizio della comunità le proprie risorse personali, compensate o potenziate dalle tecnologie. L’uso dei dispositivi mobili durante le pratiche didattiche permette di ampliare l’azione educativa, nella prospettiva dello sviluppo delle competenze di Media e Information Literacy, per aumentare la consapevolezza nei giovani studenti sui tempi e sui modi di interazione con i dispositivi: questi si usano quando servono e per gli scopi previsti dall’attività didattica, secondo le indicazioni del docente, secondo regole chiare e condivise, in un clima positivo, collaborativo e partecipato. Convinti?