My Little Rocket. Razzo chiama terra

My Little Rocket.Sviluppatore: urbn; pockets. Supporto: iPhone, iPod Touch e iPad. Richiede iOS 4.3 o successivi. Lingua: Inglese, Tedesco. Prezzo: Gratis.

In fondo, siamo tutti un po’ astronauti. È questo l’assunto da cui parte questa applicazione, che mixa in modo convincente gioco fisico e digitale, invitando i bambini – la fascia d’età ideale è tra i 5 e gli 8 anni – a lanciare il proprio razzo nello spazio.

My Little Rocket ha infatti due modalità di gioco. Nella prima si scatta dal dispositivo la propria foto e si personalizza la tuta di un astronauta, per essere poi spediti nello spazio all’interno di un missile. Il bambino può scegliere il proprio razzo scorrendo il dito sullo schermo e combinando una serie di ogive, corpi e motori differenti, tutti realizzati con una grafica accattivante che riprende oggetti in carta, cartone e altri materiali fai-da-te – un look che ricorda app come My Little Cook.

Viene poi invitato a pronunciare ad alta voce il conto alla rovescia. Più forte sarà la sua voce, più carburante avrà il missile, più lontano riuscirà ad andare nello spazio, atterrando quindi su un pianeta differente (se non urlate abbastanza arriverete solo su Marte e non riuscirete a raggiungere Giove). La seconda modalità di gioco prevede la costruzione di un vero e prorio missile in cartone, seguendo le istruzioni che vengono fornite – il testo è in inglese, ma le immagini sono sufficientemente esplicative. Il razzo potrà poi simulare un decollo dalla piattaforma di lancio virtuale dell’iPad, con tanto di conto alla rovescia, nuvola di gas e frastuono dell’esplosione.

La navigazione dell’app è intuitiva e fluida, gli effetti sonori limitati ma ben riusciti, la presenza di informazioni sullo spazio e sui pianeti apprezzabile. Ma quello che convince di più di My Little Rocket è proprio la capacità di far incontrare gioco fisico creativo, gioco di simulazione e dispositivo digitale in modo efficace e non forzato, come se l’uno fosse la naturale prosecuzione e completamento dell’altro. Come crediamo dovrebbe essere sempre.